Una pena nel rispetto della dignità

Carcere italiano chiaveCarcere. La Relazione di Mauro Palma nell’anno dell’orgia securitaria salviniana con il decreto-sicurezza-bis, la criminalizzazione delle Ong , il sovraffollamento, fino alla pandemia

di Patrizio Gonnella su il manifesto del 27 giugno 2020

Una boccata d’ossigeno in un ambiente denso di nubi, alcune potenzialmente tossiche. La Relazione annuale del Garante nazionale delle persone private della libertà è stata presentata simbolicamente in un’aula dell’Università Roma Tre. Una scelta, quella dell’università, per evocare quanto la questione delle garanzie, delle libertà, della tortura, della vita quotidiana nei luoghi di detenzione sia anche una questione culturale. Solo un sapere profondo e critico ha la forza di spingere verso trasformazioni sociali e mutamenti di pratiche, altrimenti lesive dei diritti fondamentali. 

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Carceri. Antigone: "di grande significato la relazione del Garante nazionale. Sdegnano gli attacchi scomposti e volgari"

mauro palma relazione 2020"La relazione presentata oggi dal Garante nazionale delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, in occasione della giornata internazionale per le vittime di tortura, è di grande significato giuridico, costituzionale, sociale, ma anche simbolico. Essa ripercorre in modo assolutamente fedele un anno di vicende che hanno riguardato i luoghi di privazione della libertà e concordiamo totalmente sui contenuti della relazione stessa". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.

"Gli attacchi scomposti e volgari dell'ex ministro degli interni Matteo Salvini, che ha definito l'Npm italiano come 'garante dei delinquenti', costituiscono un emblema di quella che è la sua cultura e il suo rispetto per le istituzioni, anche le più alte arrivando la nomina del Garante su decreto del Presidente della Repubblica, la sua conoscenza del diritto internazionale e del diritto interno, ma anche il rispetto per la legalità costituzionale" sottolinea ancora Gonnella. "Dire che è importante oggi avere un garante della polizia penitenziaria e non un meccanismo nazionale di prevenzione della tortura significa non sapere cosa è stata la tortura nella storia, anche recentissima, del nostro paese e di come questo sia un rischio sempre incombente su cui occorre vigilare. Di fronte al populismo di chi fa affermazioni di questo genere ricordiamo che non c'è bisogno di un garante della polizia penitenziaria. Per direttori, educatori e agenti c'è bisogno invece di lavorare in serenità, di gratificazione sociale ed economica, di rispetto per le loro mansioni. Mansioni che sono quelle definite dalla costituzione" conclude il presidente di Antigone.

Carcere di Santa Maria Capua Vetere. Antigone: "ricevemmo diverse segnalazioni e presentammo un esposto. Si accertino fatti ed eventuali responsabilità".

detenuto violenze Santa Maria Capua Vetere44 agenti di polizia penitenziaria sarebbero stati iscritti nel registro degli indagati per le presunte violenze avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere la notte tra il 7 e l'8 aprile scorsi. Episodi su cui Antigone ha ricevuto numerose segnalazioni, tutte congruenti tra loro, sulla base delle quali, dopo una serie di approfondimenti, l'associazione ha potuto ricostruire quanto sarebbe avvenuto, inviando una nota al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e presentando un esposto alla competente Procura della Repubblica.  Da quanto ricostruito da Antigone ci si troverebbe di fronte ad episodi di violenza generalizzata, scaturiti dopo la protesta dei detenuti avvenuta a seguito del diffondersi della notizia che uno dei reclusi del reparto "Nilo", addetto alla distribuzione della spesa, sarebbe stato posto in isolamento con febbre alta, affetto da Covid-19. La notizia generò paura e ansia, e queste generano in una protesta che coinvolse circa 150 reclusi. La protesta si sarebbe spenta alla sera, con la promessa di un colloquio con il Magistrato di Sorveglianza che si tenne effettivamente il giorno successivo. Una volta andato via il Magistrato, però, tra le 15 e le 16, decine di agenti sarebbero entrati nel reparto in tenuta antisommossa, con i volti coperti dai caschi, e lì, in gruppi, sarebbero entrati nelle celle prendendo i detenuti a schiaffi, calci, pugni e colpi di manganello. Altri detenuti sarebbero invece stati fatti uscire dalle celle e denudati per delle perquisizioni. Una volta spogliati sarebbero stati insultati e pestati. 

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Affollamento carceri. Si è fermata la discesa del numero dei detenuti

detenuti maggio 2020Sono stati pubblicati da parte del ministero della Giustizia i dati relativi alla popolazione detenuta in Italia al 31 maggio 2020. Si registra ormai chiaramente come il calo delle presenze si sia fermato, dopo aver rallentato significativamente dalla metà di aprile in poi.

Il calo delle presenze da fine febbraio è a questo punto di 7.843 unità, un dato certamente significativo ma comunque insufficiente per portare le presenze in carcere al livello della capienza regolamentare, che alla stessa data era di 50.472 posti.   

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Il carcere al tempo del Coronavirus. XVI Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione

Banner XVI Rapporto AntigoneA gennaio 2020 l’indice del XVI Rapporto sulle condizioni di detenzione era già pronto. Avevamo a disposizione la più grande massa di dati e informazioni mai raccolta dall’Osservatorio di Antigone nella sua storia ventennale: nel 2019 i nostri Osservatori hanno visitato 98 istituti penitenziari, in ogni angolo del Paese. Praticamente una visita ogni tre giorni. 

La fotografia complessiva era quella di un carcere in cui il sovraffollamento stava rapidamente tornando ai livelli del 2013, quando l’Italia fu condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, di un carcere “malato” con un detenuto su quattro in terapia psichiatrica e “anziano” con un quarto dei detenuti sopra i 50 anni. 

Poi, improvviso e spaventoso, in Italia si è diffuso il contagio da Covid-19. La pandemia non ha risparmiato gli istituti penitenziari. E così, in pochi giorni, le vite di tutti sono state stravolte, compresa quella di Antigone e del suo Osservatorio. 

Abbiamo subito capito che il XVI Rapporto andava rivoluzionato e avrebbe dovuto raccontare “Il carcere al tempo del coronavirus”, analizzando tre mesi di pandemia attraverso un grande racconto collettivo (42 gli autori che hanno contribuito).  E così abbiamo provato a intrecciare dati quantitativi (a cominciare dal drastico calo di quasi novemila persone detenute, i contagiati tra operatori e ristretti, la situazione in Europa) e dati qualitativi (una lettura critica delle rivolte dell'8 e 9 marzo, di cosa hanno fatto il legislatore, l’amministrazione, i garanti delle persone private della libertà). Non abbiamo evitato gli argomenti più scomodi e divisivi, come le “scarcerazioni” di persone condannate o accusate per mafia detenute nelle sezioni 41bis e Alta sicurezza. 

Il XVI Rapporto è diviso idealmente in tre parti, prima, durante e dopo la pandemia. Il minimo comune denominatore di tutti i contributi è che i diritti e le garanzie del sistema penale e penitenziario non possano essere cancellati o sospesi a data da destinarsi. Anzi, devono essere ciò che guida un sistema complesso anche durante l’emergenza sanitaria.  Il Rapporto è a libero accesso di chiunque voglia leggerlo, criticarlo, studiarlo, citarlo. Buona lettura.     

Michele Miravalle e Alessio Scandurra

LEGGI IL XVI RAPPORTO "IL CARCERE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS"

LA CARTELLA STAMPA IN ITALIANO E IN INGLESE

Scarcerazioni, una campagna profondamente rischiosa

carceridi Patrizio Gonnella su il manifesto del 9 maggio 2020

La campagna sulle scarcerazioni facili è ricca di imprecisioni, generalizzazioni, nonché profondamente rischiosa. Rischia di fare molto male a tutta la comunità penitenziaria. In primo luogo alla gran massa dei detenuti che con la mafia non c’entra nulla e che ora potrebbe subire un’ondata di chiusure. 

Va ribadito che l’affollamento carcerario non consente quel distanziamento fisico che i virologi ritengono decisivo per evitare la diffusione del contagio. La riduzione della popolazione detenuta avvenuta negli ultimi due mesi – da 61 a 53 mila – è frutto, per parti più o meno uguali, di provvedimenti di detenzione domiciliare e mancati nuovi ingressi. Se non ci fosse stata questa riduzione globale nei numeri, ancora insufficiente visto che in alcune celle si vive in sei in meno di 20 metri quadri, forse avremmo avuto decine di nuovi focolai ingestibili, al pari delle Rsa.

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Caso Zagaria. Antigone: "diritto alla salute e pena non contraria al senso di umanità due capisaldi della Costituzione"

Salute in carcere"Anche nel caso relativo alla concessione della detenzione domiciliare per motivi di salute a Pasquale Zagaria si sta creando un polverone strumentale e inaccettabile. La magistratura di sorveglianza deve poter svolgere il proprio lavoro in modo indipendente applicando la legge. La legge, a partire dalla nostra Costituzione, prevede che il diritto alla salute sia garantito ad ogni individuo (art. 32) e che la pena non possa consistere in trattamenti contrari al senso di umanità (art. 27). Disposizioni che valgono per tutti, senza eccezioni di sorta.
La preannunciata ispezione ministeriale sembra quasi voler disincentivare il ruolo di garanzia giurisdizionale dei magistrati e sembra voler rispondere ad un montare di prese di posizioni strumentali, di chi concepisce la pena come vendetta e pensa, in spregio al disposto della nostra Carta costituzionale, che i detenuti debbano marcire in carcere.

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I numeri scendono meno di quanto dovrebbero, anche in alcune regioni focolaio della pandemia di coronavirus

8197402220 564af88270 oVenerdì sono state pubblicati dal Ministero della giustizia i dati relativi alle presenze in carcere al 31 marzo disaggregati per regione e per posizione giuridica. Questo consente una prima analisi dell’andamento della popolazione detenuta che tenga in conto le differenze tra le varie regioni italiane. 

Al 31 marzo i detenuti presenti in carcere erano 57.846, 3.384 in meno rispetto alla fine di febbraio. Si tratta di un calo delle presenze complessivo del -5,5% della popolazione detenuta in Italia, ma come si può immaginare il calo è distribuito in modo molto disomogeneo nel territorio nazionale. 

In Emilia-Romagna nello stesso periodo la popolazione detenuta è calata del 16,3%, in Lombardia del 7,2%, valori fortunatamente superiori alla media, trattandosi di due regione tra le più colpite dalla attuale emergenza Coronavirus. Purtroppo si registra invece un calo inferiore alla media nazionale in Veneto, del 3,8%, e addirittura del solo 1% in Piemonte, regioni anche queste pesantemente colpite. E nello stesso periodo la popolazione detenuta nelle Marche ed in Calabria è addirittura cresciuta. 

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Nessuna modifica al decreto Cura-Italia. Errore gravissimo lasciare le carceri nelle attuali condizioni

8196430767 9d08663643 o 1Qualora sia vero che non ci saranno modifiche rilevanti agli articoli 123 e 124 del decreto Cura Italia, per quanto riguarda le carceri, si commette un errore gravissimo, sulla pelle di operatori penitenziari, poliziotti, detenuti. In questa fase grave per il paese ci si affida giustamente in tutti gli ambiti ad esperti italiani ed internazionali per affrontare l’emergenza. 
Questo per ora non sta avvenendo per le carceri, dove al ministero della Giustizia non ci si affida alle indicazioni provenienti da Onu, Consiglio d’Europa, Garante nazionale delle persone private della libertà e garanti territoriali, professori di diritto e procedura penale, alti magistrati a partire dal Procuratore generale presso la corte di Cassazione, avvocati, magistrati di sorveglianza, funzionari penitenziari, ma anche autorità morali come papa Francesco. Tutti chiedono misure urgenti e straordinarie per ridurre drasticamente il sovraffollamento. Misure che creino spazio fisico, misure utili ad assicurare il distanziamento sociale.
In carcere abbiamo bisogno di liberare 10 mila persone almeno mandole ai domiciliari o in misure alternative, anche perché sempre più sono gli operatori e i poliziotti costretti a stare a casa in quanto risultati positivi. Se c’è tempo si rimedi e si prendano provvedimenti incisivi. Evitiamo che le carceri diventino le nuove Rsa.

Ci appelliamo a chiunque abbia a cuore la salute delle persone e la solidarietà affinchè non si dia ascolto a chi dice - sono pochi ma influenti, pare- che in carcere si sta più sicuri e al riparo dal virus. Non è vero. Il carcere non è, al pari di tutte le strutture affollate, il luogo dove affrontare la pandemia. Si liberino tutti coloro che sono a fine pena, a prescindere dalla disponibilità dei braccialetti elettronici. Si liberino tutti gli anziani e i malati oncologici, immunodepressi, diabetici, cardiopatici prima che contraggano dentro il virus che potrebbe essere letale. Si dia ascolto a che le prigioni le conosce bene e non a persone che non hanno mai vissuto l’esperienza carceraria e non sanno cosa significhi respirare l’ansia e la tensione in quel contesto.

Appello del Coordinamento Nazionale delle Cliniche Legali Italiane in merito all’emergenza sanitaria COVID-19 negli istituti penitenziari

Blindo interno carcereIn molte carceri italiane sono attive delle cliniche legali che offrono gratuitamente assistenza alle persone recluse. Tra queste ci sono anche quelle attivate dalla nostra associazione in alcuni istituti della penisola. Le attività di queste cliniche sono ormai da oltre un mese bloccate a causa dell'emergenza sanitaria legata al coronavirus e ai limiti imposti dai decreti governativi. Tuttavia forte resta la preoccupazione per quanto sta avvenendo nelle carceri e per quanto potrebbe avvenire se si diffondesse il covid-19, cosa che peraltro sta iniziando ad avvenire. Per questo il coordinamento nazionale delle cliniche legali ha inviato un appello, a cui anche noi abbiamo aderito, al Presidente del Consiglio, al Ministro della Giustizia e al Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria affinché si intervenga in maniera decisa per tutelare un bene preziosissimo e costituzionalmente garantito, quale quello alla salute.

Di seguito il testo dell'appello:

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