REBIBBIA/ANTIGONE. "Chiudere le attività alle 15.30 mette a rischio la rieducazione. Il provvedimento venga rivisto"

164728414-2df8e99f-3ee3-4c2c-865b-2fe7786beed1COMUNICATO STAMPA - “Non si può parlare di rieducazione e risocializzazione dei detenuti se poi alle 15.30 il carcere si chiude ad ogni attività e alla comunità esterna”. A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone, in riferimento al provvedimento adottato nel carcere di Rebibbia Nuovo Complesso di interrompere tutte le attività a partire dalle 15.30, a seguito dell’evasione di tre detenuti avvenuta qualche settimana fa.  

“Fatte salve le legittime decisioni in materia di sicurezza – prosegue Gonnella – non è pensabile che oltre mille detenuti scontino problemi organizzativi e di organico dell’Amministrazione Penitenziaria”.  

Tra le attività costrette a chiudere in anticipo c’è anche lo “Sportello per i diritti” dell’Associazione Antigone che svolge la propria attività nell’istituto e i cui volontari, lo scorso 18 novembre, sono stati invitati ad uscire in esecuzione del recente provvedimento.  

Su questo episodio sono intervenuti anche il Difensore civico di Antigone, avv. Simona Filippi, e i responsabili dello “Sportello” i quali nei giorni scorsi hanno inviato una lettera alla direttrice del carcere. “Ben consapevoli della situazione di emergenza determinata dai noti recenti episodi – si legge –, siamo comunque a rappresentarLe la nostra contrarietà rispetto alla disposizione. Siamo fiduciosi che la stessa abbia carattere temporaneo e con la presente siamo pertanto a chiederLe un chiarimento rispetto alla tempistica così da poter anche organizzare le nostre attività di volontariato che da oltre cinque anni portiamo avanti all’interno dell’istituto in una costante e proficua collaborazione con la Direzione”.  

A ribadire questo concetto è anche Patrizio Gonnella. “Auspichiamo – dichiara il presidente di Antigone – che questa decisione venga al più presto rivista in quanto il carcere romano di Rebibbia ha una storia antica e consolidata di apertura all’esterno che un singolo, seppur grave episodio, non deve minimamente intaccare”.  

“Quando avvengono fatti di questo genere non devono accadere inoltre ritorsioni di tipo generalizzato, come quelle che pare abbiano colpito la biblioteca del carcere, i cui libri pare siano stati messi a soqquadro” conclude Gonnella.

Roma, 24/11/2016

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