Cassazione: immigrato ha chiesto il permesso? Non può essere espulso se non è esaurita la procedura, Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, Sentenza n. 1649/2007

Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, Sentenza n. 1649/2007Cassazione: immigrato ha chiesto il permesso?Non può essere espulso se non è esaurita la proceduraLa Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 1649/2007) ha stabilito chel’immigrato senza permesso di soggiorno che chiede di essere messo in regola non può essereespulso se la procedura non si è ancora conclusa. I Giudici del Palazzaccio hanno precisato che“l’art. 2, comma 1, d.l. 195 del 2002, così come convertito dalla L. n. 222 del 2002, in materiadi legalizzazione di lavoro irregolare di extracomunitari dispone che fino alla data diconclusione della procedura di emersione, disciplinata del D.L. n. 195 del 2002, art. 1, nonpossono essere adottati provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale nei confrontidei lavoratori compresi nella dichiarazione presentata dal datore di lavoro, salvo che risultinopericolosi per la sicurezza dello Stato”. Con questa decisione la Corte ha accolto il ricorso di uncittadino extracomunitario espulso dal Prefetto nonostante la richiesta di emersione dal lavorodomestico presentata dal datore di lavoro.Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, Sentenza n. 1649/2007Motivi della decisioneIl collegio deve preliminarmente dichiarare inammissibile il ricorso rivolto nei confronti delMinistero nonché del Questore di Roma, dato che l’art. 13 bis del T.U. appr. Con d.lgs 286 del1998 nei procedimento con cui si impugni, come nella specie, l’espulsione disposta dal Prefettoai sensi del precedente art. 13 [1], ha previsto l’instaurazione del contraddittorio nei confrontidell’autorità emittente il provvedimento, nonché la facoltà di detta autorità di stare in giudiziopersonalmente o avvalendosi di funzionari delegati: ritenuta dal legislatore la più idonea avalutare e contraddire - nei ristrettissimi termini del procedimento - le ragioni dell’opposizione,e per tali fini munita della necessaria autonomia funzionale.Nessuna pronuncia va emessa in ordine alle spese fra dette parti, poiché il Ministero e laQuestura di Roma non hanno spiegato difese.Con il ricorso K.F., deducendo violazione dell’art. 2 della legge 222 del 2002, addebita allasentenza impugnata di aver considerato legittimo il provvedimento di espulsione malgradol’indicata norma non ne consentiva l’adozione fino alla data di conclusione della procedura diemersione del rapporto di lavoro; che nel caso aveva avuto termine con il provvedimento delPrefetto a lui notificato il 28 febbraio 2005, laddove il decreto di espulsione era stato emessogià il 22 febbraio precedente.Il ricorso è fondato.L’art. 2, comma 1, d.l. 195 del 2002, così come convertito dalla L. n. 222 del 2002, in materiadi legalizzazione di lavoro irregolare di extracomunitari dispone che fino alla data diconclusione della procedura di emersione, disciplinata del D.L. n. 195 del 2002, art. 1, nonpossono essere adottati provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale nei confrontidei lavoratori compresi nella dichiarazione presentata dal datore di lavoro, salvo che risultinopericolosi per la sicurezza dello Stato.Questa Corte ha ripetutamente interpretato detta norma nel senso che: a) essa, espressamentestatuendo che non possono essere adottati provvedimenti di allontanamento dal territorionazionale in pendenza della procedura, regolata dalla L. 30 luglio 2002, n. 189, art. 33, e 32, perl’emersione e la legalizzazione del lavoro irregolare, salva l’ipotesi straordinaria chel’espellendo risulti pericoloso per la sicurezza dello Stato, vieta, determinandone lasospensione, l’esercizio della potestà espulsiva (e, quindi, l’adozione del relativoprovvedimento) da parte del prefetto, nei confronti del lavoratore straniero “in emersione”,appunto, dalla data della domanda di sanatoria, dietro presentazione della corrispondentedichiarazione, fino alla data di conclusione della procedura anzidetta, così da impedire chesiano drasticamente allontanati lavoratori per i quali, alla luce del sole, sia stata richiestal’indicata sanatoria (Cass. 13 aprile 2004, nn. 6991, 6993, 6998, 6999; Cass. 23 agosto 2004, n.16569; Cass. 13 aprile 2005, n. 7668); b) per potersi ritenere conclusa la procedura diemersione ai fini della riappropriazione, da parte del prefetto, del potere espulsivo mediotempore inibito, occorre che al richiedente sia comunicato, con atto scritto e ad esternazioneformale, senza che possano ammettersi equipollenti in via orale o per facta concludentia, l’esitonegativo della stessa, onde, in difetto di tale comunicazione, né la procedura può ritenersiconclusa né il prefetto può affermarsi abbia riassunto il suo potere espulsivo; c) che taleconclusione è giustificata vuoi dalla previsione di una convocazione scritta per gli adempimentisuccessivi in caso di esito positivo (D.L. n. 195 del 2002, art. 1, comma 5, e relativa legge diconversione), vuoi dalla formula adottata dal legislatore (“fino alla data di conclusione dellaprocedura”), tale da far apparire necessario un atto conclusivo ad esternazione formale, vuoidalla previsione generale di cui alla legge 241 del 1990, art. 2 e 3, ovvero di norme adapplicazione ineludibile una volta esclusa, come nel caso in esame, alcuna ragione di urgenzache giustifichi una deroga, vuoi dalla previsione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 2, comma6, là dove, imponendo l’obbligo di traduzione, postula un’esternazione formale dell’atto didiniego, vuoi dalla sostanziale natura di rigetto della domanda di permesso di soggiornorivestita dall’atto in esame, sottoposto al sindacato del giudice amministrativo ai sensi del giàcitato D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 10 e, come tale, necessariamente fornito disintetica motivazione in fatto ed in diritto (Cass. 20 aprile 2004, n. 7472, Cass. 6 dicembre2004, n. 22808, Cass. 21 marzo 2005, nn. 6088 e 6091).Pertanto, una volta affermato il principio per cui il procedimento di regolarizzazione del lavoroirregolare comporta la comunicazione dell’esito al lavoratore extracomunitario, nel casoconcreto non era sufficiente accertare che in data 27 gennaio 2005, il Prefetto della provincia diRoma aveva emesso decreto con il quale veniva respinta l’istanza di regolarizzazione del lavorodomestico relativa al K.: essendo altresì necessario stabilire se detto provvedimento gli era statocomunicato; e se la comunicazione era stata eseguita entro la data del 22 febbraio 2005, in cuidallo stesso Prefetto è stato adottato il provvedimento di espulsione. Altrimenti , il difetto dicomunicazione entro tale data non poteva che comportare il mancato perfezionamento delprocedimento in parola, con la conseguenza che esso non poteva ritenersi concluso e chepermaneva il divieto di espulsione del lavoratore sancito, D.L. n. 195 del 2002, art. 2 comma 1.Assorbito l’ulteriore profilo del ricorso relativo all’omessa comunicazione dell’avvio delprocedimento ex art. 7 della legge 241 del 1990, l’ordinanza impugnata va pertanto cassata; enon essendo necessaria ulteriore istruzione, il collegio deve decidere nel merito ex art. 384 cod.proc. Civ. ed, accogliendo l’originario ricorso del K. , annullare il decreto di espulsione emessodal Prefetto di Roma.Sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra dette parti le spese delgiudizio.P.Q.M.La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’Interno e delQuestore di Roma. Accoglie il ricorso nei confronti del Prefetto cassa il provvedimentoimpugnato e, decidendo nel merito, annulla il decreto di espulsione del Prefetto di Roma.Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.Così deciso in Roma il 16 novembre 2006.Il Consigliere Estensore Il PresidenteSalvatore Salvago Alessandro Criscuolo

Depositato in cancelleria il 25 gennaio 2007

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