Lo scorso 12 marzo la Corte Europea sui Diritti Umani ha dichiarato ammissibile il ricorso presentato dai familiari di Carlo Giuliani (n. 23458/2002), per violazione degli articoli 2, 3, 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Non sono state accolte le tesi contrarie del governo italiano, depositate quando era ancora premier Silvio Berlusconi. Il ricorso, presentato dai genitori e dalla sorella di Carlo Giuliani, riguarda la morte del giovane ventitreenne genovese avvenuta durante la manifestazione anti-globalizzazione tenutasi in concomitanza al summit G8 di Genova nel luglio 2001. La Corte ha ripercorso i fatti accaduti quel famoso 20 luglio con i violenti scontri tra i dimostranti e le forze dell’ordine. Secondo la ricostruzione effettuata dai giudici di Strasburgo accadeva che alle 5 del pomeriggio un gruppo di circa 50 carabinieri in tenuta da sommossa si trovava vicino Piazza Alimonda. Due jeeps restarono isolate. A causa di un errore nella guida, uno dei veicoli, con tre carabinieri all’interno, fu bloccato nella piazza senza poterne uscire. Contro di loro i manifestanti lanciavano oggetti vari e pietre. Uno dei tre carabinieri, colto dal panico, sparò due colpi di pistola. Carlo Giuliani fu colpito. Nel tentativo di andar via, la jeep dei carabinieri lo investì. Quando i manifestanti furono dispersi arrivò un medico che diagnosticò la avvenuta morte del giovane. Una indagine fu subito aperta dalle autorità italiane, nel corso della quale furono ascoltati i tre carabinieri coinvolti più altri presenti in quel frangente in piazza. Fu aperto un procedimento penale per omicidio doloso nei confronti del carabiniere che sparò i due colpi. Secondo i risultati dell’autopsia la morte sarebbe avvenuta nei cinque minuti successivi al colpo di pistola. Alla richiesta del pubblico ministero ci furono in sequenza tre perizie; gli autori della terza perizia, risalente al giugno 2002, conclusero che il colpo di pistola fosse stato deviato da una delle pietre lanciate da un altro dimostrante con il risultato di colpire mortalmente e accidentalmente il giovane. A marzo 2003 il Gip decise per l’archiviazione del procedimento a carico del carabiniere che aveva sparato il colpo di pistola così accogliendo la tesi della perizia. Il carabiniere, secondo il giudice per le indagini preliminari, avrebbe fatto un uso legittimo delle armi a propria legittima difesa. In base al ricorso presentato dai familiari di Carlo Giuliani vi sarebbe stata invece la violazione dei seguenti articoli della Convenzione del 1950: articolo 2 (diritto alla vita) in quanto sarebbe stato eccessivo nonché sproporzionato l’uso della forza rispetto all’obiettivo di preservare l’ordine pubblico; articolo 3 (proibizione di trattamenti inumani o degradanti) per la mancata pronta assistenza da parte dei carabinieri dopo lo sparo e l’investimento; articolo 6 (diritto a un giusto processo) e articolo 13 (diritto a un rimedio giurisdizionale effettivo) in quanto non vi sarebbe stata una indagine puntuale e non sarebbero stati ascoltati alcuni importanti testimoni. Viene citato anche l’episodio, ritenuto grave, del perito che, prima ancora di depositare la propria perizia che assolveva di fatto il carabiniere, aveva scritto un articolo su un giornale sostenendo la tesi della legittima difesa. Le contro-obiezioni del Governo italiano sono state rigettate. In primo luogo è stato ritenuta corretta la tesi dei ricorrenti secondo cui sarebbero già stati perseguiti tutti i rimedi giurisdizionali interni, pre-condizione per accedere al giudizio della Corte europea; in secondo luogo vengono definite legittime le ragioni dei ricorrenti e per questo si è deciso di giungere alla sentenza di merito. Non sono molti i ricorsi di questo tipo che superano la fase della ammissibilità e giungono a giudizio, per cui l’Italia ora rischia grosso di essere condannata a Strasburgo per la morte di Carlo Giuliani.
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