da La Repubblica (Bari) del 5 gennaio 2007
Concesso per motivi giudiziari Al via sciopero della fame "Così nessuno collaborerà" Polacchi, africani, slavi: centinaia di immigrati clandestini che hanno trovato il coraggio di denunciare i loro caporali, presto potrebbero essere espulsi dall’Italia senza neanche un grazie. Il loro permesso di soggiorno per motivi di giustizia, la minima ricompensa per aver scelto di collaborare con la magistratura italiana, è in scadenza e potrebbe non essere rinnovato. Così i coraggiosi che hanno rotto il muro di omertà e si sono fidati delle nostre istituzioni, a febbraio rischiano di essere trattati come clandestini qualunque. La proposta di estendere le misure di protezione per i collaboratori, avanzata in agosto dal ministro dell’Interno Amato, è scomparsa dell’agenda politica nazionale.
Eppure, anche se già nessuno si ricorda più di loro, quegli immigrati sono ancora qui. Sono ripiombati nel buio, come prima della scorsa estate, quando un’inchiesta dell’Espresso aveva raccontato all’Italia le loro storie di miseria e sfruttamento nelle campagne del Foggiano. Poi erano state indagini giudiziarie, blitz delle forze dell’ordine e dibattiti politici: un coro unanime di "Mai più". Unica soluzione – si diceva – rompere il muro di omertà, spingendo gli extracomunitari a collaborare con la giustizia, a denunciare gli schiavisti. Ma Adam non lo rifarebbe. E neanche gli altri cento immigrati, per lo più africani, che come lui scelsero di collaborare con la giustizia e denunciare il loro sfruttatore: Salvatore Cassetta un contadino andriese, senza partita Iva, ma con decine e decine di stranieri irregolari alle sue dipendenze. Allettati dalla promessa di un permesso di soggiorno e dalla voglia di riscatto, dopo un’estate di umiliazioni, Adam e suoi compagni lo denunciarono alla magistratura che aprì un’inchiesta.
Oltre cento nomi su quell’esposto. Appena settanta gli stranieri che hanno potuto cominciare il processo che avrebbe dovuto vederli tutti protagonisti: gli altri trenta sono stati espulsi. Perché il premio per il loro coraggio, il permesso (temporaneo) di giustizia è arrivato solo nel febbraio 2006, quando il loro caporale è stato rinviato a giudizio. E gli altri settanta "collaboratori", presto potrebbero fare la loro stessa fine. A febbraio in molti prenderanno parte alla seconda udienza fissata dal tribunale di Trani: dopo l’Italia non avrà più bisogno di loro.
«Questo – accusa Sabino De Razza, consigliere comunale di Rifondazione – non è un buon messaggio per tutti quegli immigrati che quest’estate sono stati incoraggiati a collaborare. Molti, adesso, potrebbero fare un passo indietro e la cosa andrebbe a tutto vantaggio degli schiavisti». Per questo De Razza e lo sportello dei diritti del sindacato Rdb hanno scritto al ministro del Welfare Paolo Ferrero : «Finchè non verranno aumentate le tutele – dice Valter Di Nunzio, responsabile dello sportello Rdb - vorremmo almeno che venga ridefinito con urgenza lo strumento del permesso di soggiorno per motivi di giustizia: così com’è non offre nessuna tutela e non può neanche essere utilizzato per iscriversi al centro per l’impiego». Finché non riceveranno risposte, Adam e i suoi compagni porteranno avanti uno sciopero della fame.
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