Il mistero eterno del "patto libico"
E' una delle tante voci, nemmeno una delle più importanti, del decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali approvato due settimane fa dalla Camera: sei milioni e 243mila euro destinati alla Guardia di Finanza per le spese relative alla "missione in Libia" di cui all'accordo del 29 dicembre del 2007 "per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta di esseri umani".
Da quel 29 dicembre - quando fu data notizia dell'accordo italo-libico - sono passati appena due mesi ma sembrano molti di più. Il governo Prodi era ancora in carica e nessuno immaginava che la sua vita sarebbe stata così breve. La notizia dell'accordo suscitò le proteste di qualche associazione umanitaria. Ci fu chi fece notare che i termini del patto di collaborazione erano sconosciuti al Parlamento, come d'altra parte erano sconosciuti i termini di un altro "patto di collaborazione" siglato anni prima dal governo Berlusconi. Poi arrivò il Capodanno. Quindi Mastella.
Il precipitare della crisi politica ha avuto l'effetto di far scomparire in modo pressoché totale dalle cronache altre due notizie "libiche" di poco successive. Una positiva, l'altra allarmante. La prima riguardava la decisione del governo italiano di accogliere 40 cittadini eritrei reclusi nei centri di detenzione libici e riconosciuti come rifugiati dall'Alto commissariato delle Nazioni unite. L'altra era l'annuncio del governo di Tripoli di un piano per il rimpatrio di tutti i "clandestini" presenti nel suo territorio. Annuncio dal quale non si ricavava alcun riferimento ai rifugiati politici, come se tutti gli stranieri presenti in Libia fossero considerati "illegali".
Riassumendo. Roma e Tripoli collaboreranno nel "pattugliamento delle coste" in modo da bloccare le partenze dei boat people dalle coste libiche. Contemporaneamente l'Italia riconosce che, tra i migranti reclusi in Libia, esistono dei rifugiati politici, tanto che ne accoglie un certo numero e la Libia fa sapere che intende cacciare dal proprio territorio - di fatto ributtandoli nelle braccia dei loro carnefici - tutti gli immigrati che attualmente, spesso in condizioni disumane, ospita.
Davanti a questo quadro - che eufemisticamente può essere definito "contraddittorio" - sorge spontanea una domanda: qual è il contenuto dell'accordo del 29 dicembre? In cosa consiste il "piano di pattugliamento"? Prevede che, nel "pattugliare", si tenga in qualche considerazione l'ipotesi che sulle barche che partono dalla Libia ci siano dei rifugiati politici?
Si tratta di domande retoriche. Il contenuto della missione in Libia, come abbiamo detto, è segreto. Il governo ha anche respinto un emendamento del deputato dei Verdi Tana De Zulueta che, proprio contestando questa segretezza, chiedeva che il progetto contro "l'immigrazione clandestina e della tratta di esseri umani" non fosse finanziato.
La risposta la avremo comunque a partire dai prossimi giorni. Gli sbarchi a Lampedusa, infatti, sono già ripresi. Tutti quelli che, nonostante il "pattugliamento congiunto", raggiungeranno le coste italiane e saranno riconosciuti "rifugiati politici" testimonieranno, con la loro perdurante esistenza in vita, che qualcosa non ha funzionato. E parleranno in nome e per conto di quei due milioni di "clandestini" che il nostro alleato Gheddafi si accinge a cacciare e cioè, in molti casi, a mandare a morte.
(glialtrinoi@repubblica. it)
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