Il Cdm ha dato l'ok al provvedimento che sarà inserito come emendamento nel decreto "milleproroghe". Il fine è quello di un iter più veloce per l'edilizia carceraria. Ma la storia della costruzione penitenziaria italiana è fatta di ruberie e inefficienze a cui oggi non si pone rimedio. Sarebbe opportuno rispondere all'emergenza con un nuovo modello penale e un nuovo senso sociale
L'ex pubblico ministero anti-terrorismo e oggi capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria Franco Ionta è stato nominato Commissario straordinario all'edilizia penitenziaria. Il suo compito dovrebbe essere quello di snellire le procedure per costruire nuove carceri.
La storia dell'edilizia penitenziaria italiana è una storia di ruberie e inefficienze. La prima tangentopoli nostrana fu quella delle carceri d'oro del ministro Franco Nicolazzi. I soldi finivano molto prima che le carceri fossero terminate. In alcuni casi le carceri furono inaugurate senza la pavimentazione. In altri i costi si triplicarono. Lo ha riconosciuto la Corte dei Conti che in un famoso parere del 28 giugno 2005 sull'edilizia penitenziaria affermò: "la costruzione di nuove carceri, la ristrutturazione e l'ampliamento di quelle esistenti assorbono ingenti risorse finanziarie, ma non riescono a migliorare in modo tangibile le condizioni di vita dei detenuti, a causa del continuo aumento del loro numero. Gli stanziamenti del 1986, per complessivi 2.600 miliardi di lire, sono stati diluiti fino al 2000 vale a dire in un arco temporale di ben 13 anni, pari a più di tre volte quello originariamente previsto".
La costruzione del carcere di Gela fu iniziata nel 1959. Lo abbiamo denunciato con Luigi Manconi su www.innocenti evasioni.net: "I lavori non sono ancora conclusi ma sembrerebbe possibile che entro il 2009, dopo cinquant'anni e al costo complessivo di sei milioni e mezzo di euro, l'Amministrazione penitenziaria potrà infine disporre di cento nuovi posti detentivi." Il dimezzamento dei tempi evocato dal ministro Alfano in questo caso significherebbe avere un carcere dopo venticinque anni. Molto utile per affrontare l'odierno sovraffollamento.
Nulla invece ha detto il ministro su come fare per evitare ruberie da parte di privati. Anzi ha nuovamente evocato i privati e il project financing quale fonte di investimento. Un bluff. Basta guardare al passato per capire cosa accadrà in futuro. Quando ministro era il leghista Roberto Castelli ci provarono a coinvolgere i privati. Tutto finì nelle mani della magistratura.
Detto questo la questione va spostata su un altro piano. In Italia siamo ancora in piena era Bush, mentre gli americani se ne sono liberati. Vengono evocate ricette affaristico-securtarie socialmente pericolose. Affinché nessuno ci dica che noi siamo i soliti di sinistra solo buoni a criticare, qui di seguito elenco i punti della nostra ricetta carceraria: decarcerizzazione della vita quotidiana dei tossicodipendenti, depenalizzazione piena del consumo di droghe, riduzione delle pene per spaccio di sostanze stupefacenti, depenalizzazione dello status di immigrato irregolare, individuazione di nuove sanzioni penali non detentive per contrastare efficacemente la micro-criminalità, riduzione dell'uso della custodia cautelare in carcere ai casi di reale rischio di fuga o di grave pericolosità criminale.
Vorremmo che le forze dell'opposizione uscissero dal balbettio del pensiero unico e superata la paura del consenso ci aiutassero a costruire un nuovo modello penale e un nuovo comune senso sociale.
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