Razzismo, la Ue richiama
l'Italia Nessun rispetto della direttiva
BRUXELLES -Anche l'Italia figura tra i 14 Paesi europei che non hanno implementato appieno la direttiva europea contro al discriminazione su base razziale (2000/43/CE). Ora Roma ha due mesi di tempo per rispondere alle accuse della Commissione europea, prima di essere eventualmente convocata davanti alla Corte europea di giustizia, col rischio di pagare un'ammenda. La scadenza per tradurre la direttiva (approvata nel 2000) in legge nazionale era il 2003.
Bruxelles, con l'invio di un'opinione motivata, secondo passo su tre della procedura d'infrazione europea, ritiene che l'Italia non abbia ottemperato in particolare a tre aspetti della direttiva. Il primo (non per ordine di gravità) riguarda l'onere della prova di discriminazione, che non viene riversato da chi accusa (il discriminato) all'accusato, ovvero dev'essere l'accusato a dimostrare la sua innocenza. Poi, la protezione contro le ritorsioni è limitata. Infine, c'è una definizione scorretta di maltrattamenti di matrice razziale.
La direttiva definisce due tipi di discriminazione: quella diretta, e quella indiretta. La seconda concerne i casi in cui un procedimento, pratica, o un criterio apparentemente neutrale mette in posizione di svantaggio persone di una particolare origine etnica. Ciò e soltanto giustificabile da particolari motivazioni oggettive e non aggirabili. Ad esempio, un'azienda alimentare che non vuole assumere personale con la barba per paura che peli finiscano nel cibo, discrimina di fatto i Sikh. Ma in questo caso ciò non è giustificabile in quanto esistono retine di protezione per il volto che possono permettere anche ai barbuti di lavorare. Nel particolare caso dell'Italia, la definizione di discriminazione non copre eventi futuri o possibili. Assieme all'Italia la Commissione ha inviato simili avvisi a Spagna, Svezia, Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Regno Unito, Grecia, Irlanda, Lettonia, Polonia, Portogallo, Slovenia e Slovacchia.
Le aree dove più comunemente gli Stati UE non rispettano i dettami della direttiva riguardano, come per l'Italia, una divergenza nella definizione di discriminazione rispetto a quanto indicato nelle legislazione europea; uno spettro d'azione ristretto ai luoghi di lavoro, mentre la direttiva sull'uguaglianza razziale proibisce le discriminazioni nella protezione sociale, nell'educazione, e nell'accesso a merci e servizi, inclusi quelli abitativi; poca efficacia (come in Italia) nelle procedure di difesa e protezione per le vittime di discriminazione, la mancata sospensione per loro dell'onere di prova, e il diritto di associazioni ed enti come i sindacati di farsi carico della difesa di singoli individui.
Per maggiori informazioni sullo stato di avanzamento dell'implementazione della direttiva nei vari paesi, è utile visitare il seguente indirizzo web: http://europa.eu.int/comm/employment_social/fundamental_rights/legis/lgms_en.htm.
(redattore sociale)
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