#QualeGiustizia. La nostra guida ai programmi elettorali: Più Europa

bonino più europaContinuiamo con le nostre guide ai programmi elettorali sui temi della giustizia penale. Dopo aver analizzato i programmi di Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Centrodestra, oggi è la volta della lista +Europa - Con Emma Bonino, che alle tematiche di nostro interesse dà grande spazio. 

Come tutti gli altri programmi, anche quello di +Europa parte dalla constatazione che la giustizia italiana è lenta, ingolfata e spesso inefficiente, come dimostrano i dati sulla scarsa fiducia accordata dai cittadini al sistema giudiziario (il 29% della popolazione italiana si fida della macchina giudiziario, contro una media dei paesi OSCE del 54%). Tra le ragioni del malfunzionamento generale, molte hanno a che fare con la privazione della libertà personale. 

Custodia cautelare

Uno dei punti rispetto ai quali secondo +Europa è più urgente intervenire è la custodia cautelare in carcere, di cui oggi si fa un uso eccessivo. Si parla di custodia cautelare in carcere quando nel corso di un'indagine un pubblico ministero e un giudice decidono di mandare dietro le sbarre un indagato prima che il processo arrivi a una conclusione, in via precauzionale. E' una misura prevista dalla legge ma alla quale si dovrebbe ricorrere solo in caso di pericolo di fuga o inquinamento delle prove da parte dell'indagato. In Italia invece se ne fa un uso molto allegro, ragion per cui negli ultimi anni il nostro Paese è stato condannato diverse volte dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, dato l'alto tasso di detenuti senza una condanna definitiva (nel 2008 sono arrivati a essere il 51,3% del totale, come abbiamo sottolineato nel nostro rapporto). Il ricorso a questa pratica come norma e non come eccezione cozza con uno dei principi giurdici alla base del nostro ordinamento, la presunzione di innocenza, che è quel principio in base al quale ogni individuo è considerato non colpevole fino a che non venga provato il contrario. La presunzione di innocenza protegge tutti i cittadini da un uso arbitrario della forza da parte dello Stato, mentre il ricorso eccessivo alla custodia cautelare va nel senso esattamente opposto. 

Meno carcere e più misure alternative

Riguardo alle modalità di esecuzione delle pene, il programma di +Europa sottolinea la necessità di togliere centralità al carcere e darne di più alle misure alternative. La lista +Europa parte dalla constatazione che il carcere non funziona – cosa che anche Antigone sostiene da sempre. Da un lato il modello detentivo attuale produce esclusione e difficoltà a reinserisi in società da parte dei detenuti, dall'altro fa schizzare in alto i tassi di recidiva, cioè le possibilità che chi esce dal carcere torni a delinquere. La ricerca mostra al contrario una diminuzione sensibile dei tassi di recidiva tra le persone che scontano la pena in misura alternativa, fuori dal carcere. Meno carcere significa dunque più sicurezza per tutti. Il ricorso alla detenzione dovrebbe in effetti essere contemplato come un'extrema ratio verso cui voltarsi solo quando non se ne possa fare a meno, quando ossia si rivela necessario isolare delle persone che hanno commesso reati gravi e socialmente pericolosi. Oggi invece le carceri italiane sono dei contenitori della marginalità sociale: il 25% dei detenuti ha problemi di tossicodipendenza, il 34% circa è composto da stranieri poveri e con maggiori difficoltà di accesso ai benefici penitenziari. Il carcere dei giorni nostri è una risposta penale a dei problemi sociali. Nelle guide precedenti abbiamo mostrato come non ci sia relazione tra l'andamento dei reati e quello della popolazione detenuta, che viaggiano su binari diversi: basti pensare al fatto che nel 1991 i reati erano decisamente maggiori e la popolazione detenuta contava circa ventimila unità in meno.

dati detenuti stranieri

 

Numero identificativo per gli agenti e telecamere nelle caserme

La lista +Europa propone poi di introdurre i numeri identificativi per gli agenti delle forze dell'ordine. E' una delle 5 proposte che Antigone ha sottoposto a tutti i candidati alle prossime elezioni. Oggi gli agenti di polizia che abusano del proprio potere contro persone che hanno in custodia o contro liberi cittadini spesso non vengono puniti, poiché gli inquirenti nelle registrazioni video non riescono a identificarli (anche perché caschi e divise sono tutti uguali). Il risultato è che da un lato gli agenti che violano la legge restano impuniti e dall'altro la reputazione dei corpi di polizia – composti nella grande maggioranza da persone oneste - è compromessa agli occhi dell'opinione pubblica. Un'altra proposta della stessa lista va nella direzione della prevenzione e punizione delle violazioni dei diritti da parte delle forze dell'ordine: l'introduzione delle telecamere nelle stazioni di polizia. Come per il reato di tortura (di cui abbiamo parlato nella guida al programma del PD), misure come queste garantirebbero più trasparenza e più legalità nell'azione delle forze di polizia. 

Abolizione dell'ergastolo

Tra le proposte in programma c'è l'abolizione dell'ergastolo, sia di quello ostativo che di quello ordinario. Antigone, da promotrice di un diritto penale minimo qual è, sostiene questa misura da molti anni. L'ergastolo, com'è noto, è il carcere a vita. E' considerata una pena a parte rispetto a tutte le altre pene detentive. Quando si è condannati all'ergastolo ordinario, dopo tanti anni di reclusione è possibile accedere – è possibile, non automatico – a permessi premio o altri benefici penitenziari. L'ergastolo ostativo invece esclude qualsiasi accesso a permessi lavoro, permessi premio e quant'altro fintantoché il condannato non collabori con la giustizia. Collaborare significa fornire delle informazioni che aiutino gli inquirenti a sgominare le organizzazioni di cui i condannati fanno parte. Senonché capita spesso che un ergastolano non dia quelle informazioni per paura che la propria vita o quella dei propri familiari sia in pericolo, o perché non vuole barattare la propria libertà con quella altrui, e che pertanto abbia davanti a sé giorni tutti uguali senza alcuna speranza di cambiamento.

Alcuni giuristi hanno provato a sollevare la questione di costituzionalità rispetto a questo tipo di pena: se una pena è legittima solo quando tende al reinserimento del condannato in società, che legittimità può mai avere una pena che non preveda alcun orizzonte di libertà possibile? Nell'ergastolo in generale, la funzione rieducativa della pena sancita dall'articolo 27 della Costituzione se non è del tutto annullata è fortemente menomata. La storia delle carceri mostra che nel corso del tempo i detenuti cambiano anche radicalmente, come quegli ergastolani laureatisi dietro le sbarre e attivi nella vita pubblica con le loro lotte per i diritti umani nel sistema penitenziario. La domanda che ci si può porre è dunque se sia giusta una società che decide di escludere per sempre da sé delle persone, non dando loro alcun orizzonte di riscatto. 

La giustizia riparativa

Nella sezione dedicata alle misure alternative al carcere si parla di giustizia riparativa, concetto di cui non esistono definizioni univoche né codificazioni giuridiche chiare ma con cui si intende in genere la messa in contatto tra vittima e reo e il favorire delle azioni di “riparazione” da parte di quest'ultimo nei confronti della vittima del reato o della società in generale.

La giustizia riparativa ha come obiettivo di favorire il dialogo e l'incontro tra vittima e reo affinché entrambi prendano coscienza delle rispettive situazioni. Data la comprovata inefficienza del modello carcerario, queste proposte suscitano in genere grande entusiasmo tra gli addetti ai lavori, che le vedono come un'alternativa all'esistente.  A nostro avviso è un tema da trattare con attenzione e precauzioni, dati i rischi che potrebbero derivare da una cattiva codificazione di un principio che di per sé ha del virtuoso. In particolare se applicato in maniera indebita, potrebbe portare a forme di privatizzazione del conflitto, per cui in qualche modo il reato diventerebbe un po' di più un affare tra chi lo ha commesso e chi lo ha subito. Da questa prospettiva – che non è quanto propone +Europa - il diritto penale moderno si è sempre tenuto alla larga. Con la monopolizzazione della forza e della facoltà di punire da parte dello Stato, nessun altro se non lo Stato stesso ha avuto la facoltà di punire chi violi la legge, o di decidere sull'esecuzione della pena. Le pene sono state comminate con criteri oggettivi e “freddi”, lontani dalle passioni che inevitabilmente animano vittime e rei. Lo Stato punisce in maniera razionale anche il pedofilo o chi si macchia di reati molto gravi, e anche per quelle persone – almeno in linea teorica – si tende a reinserirle nella società. La società civile sarebbe in grado di fare la stessa cosa? Detto ciò, molte esperienze mostrano l'utilità del dialogo tra vittime e rei, che nel caso in cui non ciò non influisca sulla libertà di chicchessia è bene favorire. 

La critica dei provvedimenti emergenziali

Il programma della lista +Europa critica infine in maniera decisa il ricorso a provvedimenti emergenziali basati su dati non oggettivi, con riferimento esplicito alle leggi su immigrazione e sicurezza note come leggi Minniti, dal nome del Ministro degli Interni (ne abbiamo parlato nella guida al programma del Partito Democratico). +Europa ritiene che quei provvedimenti – che in nome della sicurezza hanno diminuito alcune garanzie giurisdizionali per stranieri e italiani – derivino da dati non oggettivi e traducano approcci basati non su quella razionalità che dovrebbe caratterizzare i governanti bensì sul governo delle percezioni dei governati.

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