«La situazione in Cecenia è del tutto inaccettabile», intervista a M.Palma, di M.Bartocci, Il Manifesto 14/3/07

intervista
«La situazione in Cecenia è del tutto inaccettabile»
Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt) denuncia: torture, detenzioni illegali e «desaparecidos» vanno avanti con la compiacenza di Mosca. Il neopresidente Mauro Palma: «Le autorità collaborino»
Matteo Bartocci
«La situazione in Cecenia è inaccettabile». L'allarme del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa (Cpt) è di nuovo altissimo. Tanto che per la terza volta in sei anni il Cpt è dovuto intervenire pubblicamente con un allarmato «public statement» per denunciare la presenza nella repubblica caucasica di torture e detenzioni illegali agevolate dall'impunità se non dalla compiacenza delle autorità attraverso indagini a dir poco superficiali. A presiedere il Comitato l'italiano Mauro Palma. «Il Cpt non è un organismo giudicante e non emette sentenze - premette il presidente onorario di Antigone - ma è chiamato ad avere un ruolo preventivo rimuovendo situazioni inaccettabili. Solo un controllo stringente può aiutare a prevenire casi come quelli denunciati nel public statement sulla Cecenia».

Il Cpt torna a denunciare al massimo livello gli abusi e il non rispetto in Cecenia dei diritti fondamentali. Per la prima volta però sono state diffuse 26 pagine di documenti riservati. Perché?
La Convenzione ci consente di allegare al «public statement» ogni documento necessario. Dopo le denunce del 2001 e del 2003 è stato ritenuto che stavolta c'erano tutti i presupposti per una lettura «senza filtri» delle osservazioni del Comitato e delle relative risposte delle autorità.

Le torture, stando al rapporto, sono avvenute soprattutto nella sede dell'antiterrorismo, «Orb-2», che dipende dal ministero degli Interni russo. E' corretto?
Al piano terra di questo palazzo c'è un luogo di detenzione. Abbiamo ricevuto molte denunce di persone che al di fuori di una procedura legale e spesso di notte sono state trasportate ai piani superiori per interrogatori poi sfociati in maltrattamenti e torture. Già anni fa abbiamo chiesto che queste pratiche cessassero, che i luoghi di indagine e di detenzione fossero separati e che venissero investigati tutti i casi denunciati e tutti gli altri in cui il medico ha riscontrato al successivo ingresso in carcere segni di possibili maltrattamenti. Le nostre richieste non hanno avuto seguito. Le autorità russe in sette anni (2000-2006) hanno iniziato a indagare solo 12 casi su 245 denunce ufficiali. Entrambi i numeri sono incommensurabili rispetto alla vastità del fenomeno riscontrato solo a Orb-2. E in generale, per qualsiasi paese, le denunce sono una minoranza rispetto alla realtà. Spesso l'indagine preliminare delle autorità non ha portato a nulla e in generale ci sono state procedure totalmente insufficienti. Grazie all'interessamento positivo delle autorità centrali russe e in particolare dell'attuale ministro della giustizia che ha reso possibile esaminare i faldoni ufficiali, è stato accertato che spesso non viene interrogata nemmeno la vittima. Ma se a denunce di quel genere non corrispondono inchieste effettive c'è il rischio di inviare un messaggio di impunità che diventerebbe assolutamente distruttivo nella formazione democratica delle forze dell'ordine.

Si legge in effetti nel rapporto (pag. 7) che il procuratore responsabile del controllo socchiude la porta della cella e si limita a chiedere al prigioniero se c'è qualche problema.
E' la prova che questo non è un controllo. In situazioni di simile vulnerabilità bisogna conquistare la fiducia del detenuto perché ovviamente si temono ritorsioni.

La base centrale di Orb-2 è la più nota. Esistono però anche altri distaccamenti locali dove si sono registrati casi di torture. Nel rapporto si parla di Urus Martan.
Il rapporto informa di alcuni distaccamenti in cui la delegazione ha trovato locali corrispondenti alle descrizioni rilasciate da persone che sostenevano di esservi state detenute e maltrattate. Le autorità negano ma non c'è nessun registro di ingresso nella struttura e quindi non è possibile alcuna prova formale.

Avete poi individuato alcuni luoghi illegali di detenzione.
E' noto che in Cecenia c'è un grande problema relativo ai «desaparecidos» anche se non sempre è possibile ottenere dati certi rispetto ai rapimenti. Da colloqui convergenti con diversi detenuti, il Cpt è riuscito ad individuare almeno tre luoghi su cui forti sono i sospetti: il primo è il quartier generale a Tsentoroy della disciolta forza di sicurezza del presidente Kadyrov. Nel 2006 il Cpt lo ha ispezionato per due volte (vedi il manifesto del 30 novembre, ndr) e ha individuato due locali che corrispondevano esattamente alle descrizioni ricevute. Due cubicoli che al momento della visita contenevano munizioni ma che avevano tutte le caratteristiche di vere e proprie celle all'interno di un luogo non accessibile al pubblico ed estremamente protetto. E' dunque poco probabile che chi li ha descritti non ci sia stato veramente.

Il giovane Ramzan Kadyrov è appena diventato presidente della Repubblica. Ma non sono proprio le sue truppe le più indiziate di tortura o rapimenti?
Al paragrafo 28 del rapporto si fa riferimento a strutture, come quella di Tsentoroy, dove a quanto risulta operano o hanno operato fino a tempi recenti forze militari sotto il comando diretto o indiretto dell'attuale presidente Kadyrov. E' qualcosa che ci lascia ancora più turbati. Compito del Comitato comunque non è tanto denunciare quanto trovare modi per cooperare sia con le autorità locali che con quelle russe, con le quali lavoriamo bene in tante altre regioni della Federazione. In questo caso però abbiamo ritenuto che il modo migliore per ristabilire la cooperazione fosse quello di fare una chiara denuncia e di rendere pubblico che le basi su cui finora ci si è mossi non sono accettabili.

E le altre «prigioni segrete»?
Sempre a partire dai racconti di singoli detenuti, incluse alcune denunce ufficiali che la procura avrebbe dovuto indagare, è stata ispezionata la base militare «Vega» alla periferia di Gudermes. Il rapporto afferma che in alcuni locali oggi dismessi sono state ritrovate iscrizioni sui muri, calendari con conti dei giorni e scritte «X è stato qui» che lasciavano chiaramente supporre che fino a tempi recenti vi erano state recluse delle persone. Infine in un'altra base militare, del ministero della difesa russo, sono stati individuati otto locali vuoti, anch'essi corrispondenti alle descrizioni e con segni precisi sul muro. In tutti questi casi è compito delle autorità indagare adeguatamente per dissipare ogni dubbio. Secondo il Cpt non è stato fatto.

I russi rispondono che dalle indagini del procuratore ceceno non sono emerse prove a sostegno delle vostre tesi. Ma è lo stesso procuratore ceceno che poco dopo, a pagina 24, conferma che a Tsentoroy almeno una persona è stata trasferita. Non è una contraddizione evidente?
Abbiamo diffuso anche la risposta delle autorità russe perché è essa stessa a dimostrare che alcune persone sono state detenute in luoghi che non risultano in nessuna lista ufficiale. Un fatto inaccettabile.

Secondo le autorità le denunce di tortura dei detenuti sono molto simili, quasi «prefabbricate», e in qualche caso si parla perfino di mutilazioni autoindotte.
Secondo il Comitato il fatto che alcune circostanze si ripetano così spesso rafforza le denunce stesse.

Dal 2003 cosa è cambiato in Cecenia?
Qualcosa migliora. Per esempio nelle condizioni di detenzione . I detenuti considerano l'arrivo in carcere quasi come un posto «sicuro» dopo l'arresto delle varie forze di polizia. Va dato atto al ministero della giustizia russo di aver migliorato le condizioni detentive negli istituti sotto la sua responsabilità e di aver dato per esempio chiare istruzioni perché il medico del carcere registri all'ingresso tutte le eventuali ferite sul corpo dei detenuti. In molti casi proprio questi esami sono alla base delle denunce e delle indagini successive. Oggi inoltre è molto più semplice l'accesso a luoghi e a documenti ma la cooperazione non può limitarsi all'accesso se poi nulla cambia. Il nostro compito è proteggere le persone e impedire i maltrattamenti, non soltanto stabilire buone relazioni tra gli stati membri e il Comitato. Il fatto che su 46 stati si parli per tre volte in pochi anni della Cecenia si commenta da sé.

Se i russi non hanno nulla da nascondere perché tutti i rapporti del Cpt sulla Cecenia sono tenuti segreti dal governo?
Ogni stato è sovrano. Mi auguro che le autorità di Mosca proprio come segno di buona volontà e di chiarezza diano il consenso alla pubblicazione di tutti i rapporti.

L'Italia torna alla presidenza del Cpt dopo l'esperienza di Antonio Cassese. Quali sono i primi problemi in agenda?
Il tema della privazione della libertà e dei suoi possibili abusi è centrale in tutta Europa. Da un lato si assiste a una crescita generalizzata della detenzione, dall'altro vengono adottati in molti stati provvedimento anti-terrorismo che anticipano la soglia di intervento da parte dei vari stati in funzione preventiva. In questo quadro è chiaro che c'è bisogno di una capacità sempre maggiore di controllo e di osservazione da parte degli organismi internazionali indipendenti. Dibattiti striscianti su forme più o meno «accettabili» di interrogatorio invitano tutti a mantenere alta la guardia anche sul piano culturale oltre che giuridico. Nel vocabolario di tutti i giorni sono entrati termini fino a poco fa sconosciuti al pubblico europeo come «rendition», «black site», etc. Per la tutela dei diritti fondamentali delle persone private della libertà non è certo un periodo facile.

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