Romania nell'Ue, attesi 60.000 lavoratori l'anno, Metropoli, 03/01/07

Romania nell'Ue, attesi 60.000 lavoratori l'anno

La stima è della Caritas, che parla dell'ingresso di Romania e Bulgaria come di "un'occasione di crescita per l'intera Europa", ma invita a non ignorare le preoccupazioni per una possibile "invasione". In Gran Bretagna, che alla fine ha deciso di non avvalersi della moratoria, arriveranno invece circa 600.000 lavoratori da Romania e Bulgaria. E il direttore della Caritas di Bucarest parla di "rischio svuotamento" per il paese

Libertà di circolazione nei paesi Ue, assunzione diretta (tranne negli Stati che hanno deciso di avvalersi della moratoria) alle stesse condizioni dei lavoratori del paese nel quale si vive, nessun rischio di essere espulsi se non si hanno i documenti di soggiorno. Queste, in sintesi, le principali – e sostanziali - novità per i cittadini romeni e bulgari dall'ingresso dei due paesi nell'Unione europea. E già, anche in Italia, si parla di una possibile “invasione”, e si manifestano preoccupazione per i nuovi arrivi. Come accadde due anni e mezzo fa con l'ingresso nell'Unione della Polonia, con timori che in realtà si sono rivelati del tutto infondati.

La Caritas, che ogni anno insieme alla Fondazione Migrantes realizza il dossier sull'immigrazione, analizzando l'andamento degli ultimi anni ipotizza una pressione migratoria di circa 60.000 lavoratori l'anno, “a fronte di un fabbisogno di manodopera del nostro Paese di circa 250-300mila unità l'anno, in proporzione più alto degli Stati Uniti, 5 volte più popolosi dell'Italia”. Ma la Caritas, pur invitando a non ignorare la diffusa preoccupazione di quanti temono “un'invasione”, spiega che l'ingresso della Romania e della Bulgaria nell'Unione europea è un'occasione funzionale alla crescita di tutta l'Europa per i suoi risvolti economici, sociali e culturali. Più alte le stime dell'Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) di Milano, che parla invece di un numero di ingresso di cittadini romeni compreso tra 80.000 e 110.000 all'anno.

Si parla tanto di cittadini romeni, poco ci si occupa dei bulgari. In Italia la comunità è piccola (65.000 secondo l'ambasciata, molti meno secondo i dati del Dossier Caritas-Migrantes), e per un terzo si raccolgono in Lombardia. E' formata principalmente da lavoratori poco qualificati, ma anche da medici e ingegneri che spesso devono accontentarsi di lavori più modesti. “Siamo una comunità che ha avuto poco impatto mediatico - spiega il console generale bulgaro a Milano, Ivo Ivanov – sia per le dimensioni, sia per un impatto economico minore rispetto ad altre comunità più grandi, sia perché non abbiamo mai creato seri problemi di ordine pubblico”. Ora però l'ingresso nell'Unione europea ha portato anche la Bulgaria in primo piano.

Le preoccupazioni non sono però solo italiane. In Gran Bretagna, paese che non ha posto alcuna restrizione all'ingresso dei lavoratori romeni e bulgari, nonostante le prime indicazioni facevano pensare il contrario, è atteso l'arrivo di circa 600.000 lavoratori provenienti dai due stati neocomunitari, 450.000 dalla Romania e 150.000 dalla Bulgaria.

Dalla Romania, il direttore della Caritas dell'Arcidiocesi di Bucarest, Alexandru Cozbaru, parla di rischio “svuotamento” per il paese: “A scegliere di emigrare saranno ancora i giovani. Ma da quest'anno circoleranno non solo merci e persone, ma anche idee e risorse umane. Chiediamo perciò all'Europa di aiutarci a rimetterci in piedi”.

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