Il Manifesto, 17/02/2009 - Carceri, obbligo di tolleranza in California

di Stefano Anastasia

55.000 detenuti in meno entro i prossimi tre anni: questo ha chiesto una Corte federale ad Arnold Schwarzenegger affinchè sia garantito il rispetto dell’ottavo emendamento della Costituzione statunitense, che vieta le pene crudeli e inusitate, ai circa centomila detenuti che comunque resterebbero nelle carceri californiane. Alle parti (e al Governatore, in particolare) definire come. Altrimenti non si potranno che adottare degli ordini di rilascio delle persone detenute in condizioni costituzionalmente illegittime.

E’ questo l’esito fallimentare di quasi trent’anni di politiche penali e penitenziarie ispirate ai principi della “tolleranza zero” e della massima severità penale. E’ una vicenda che riguarda la California, ma – tramite essa – ci parla degli Stati uniti e degli Stati europei e occidentali che ne hanno subito il fascino e il traino. La California guida la speciale classifica degli Stati dell’Unione con il maggior numero di detenuti, così come gli Usa guidano la speciale classifica mondiale degli Stati con il maggior numero di detenuti, in assoluto e in rapporto alla propria popolazione: un quarto dei detenuti nel mondo sono detenuti negli Stati uniti, che hanno un ventesimo della popolazione del mondo.

Qualche settimana fa, quando il Governo Berlusconi istituiva il Commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria (e gli attribuiva, tra gli altri, i fondi destinati al reinserimento dei detenuti e al sostegno delle loro famiglie), il capogruppo della Lega Nord, l’on. Cota, prendeva a parametro proprio gli Stati uniti: non è vero che abbiamo troppi detenuti, se facessimo come in America, potremmo moltiplicarli ancora per otto! Ecco, finalmente, che un giudice a Los Angeles si è incaricato di rispondere all’ultima ruota del carro del populismo penale.

Siccome poi gli americani son persone di principi, ma anche di qualche senso pratico, i tre giudici della corte mica sono arrivati a questa curiosa determinazione senza valutare i pro e i contro, e – punto per punto –ricordano che lo stesso Governatore Schwarzenegger aveva ammesso che il sovraffollamento avrebbe potuto causare gravi violazioni al diritto alla salute dei detenuti. Non solo. Era stato anche nominato un consulente della Corte, perché valutasse i rimedi “edilizi” al disastro penitenziario californiano: sarebbero serviti 8 miliardi di dollari per costruire immediatamente sette ospedali penitenziari con almeno 10.000 posti letto, in uno Stato con 40 miliardi di dollari di deficit.

Ovviamente, il Governo californiano, come avrebbe fatto l’on. Cota, ha preannunciato ricorso contro decisioni che possano mettere a rischio la sicurezza pubblica, e il blog del Los Angeles Times è stato anche allietato da simpatici post che proponevano di passare per le armi i 55.000 detenuti più pericolosi, piuttosto che liberare i 55.000 meno. Ma la Corte puntualmente rileva che attraverso la riforma del sistema penale e penitenziario, le alternative al carcere e il reinvestimento in programmi di reinserimento sociale di circa 600 degli 8-900 milioni di dollari che lo Stato potrebbe risparmiare riducendo il ricorso al carcere la “sicurezza pubblica” certamente ne guadagnerebbe.

“Dal penale al sociale” diremmo noi, in nome della public safety: questo suggerisce la Corte federale ad Arnold Schwarzenegger. E il New York Times di sabato scorso la segue: piuttosto che minacciare ricorsi, la California dovrebbe rivedere le sue fuorvianti politiche penitenziarie. E’ troppo chiedere di fare altrettanto al Governo italiano, esposto sull’orlo del baratro di un sovraffollamento e di condizioni di detenzione non meno crudeli e inusitate?