Il 41 bis è già tortura, ma il Pdl vuole inasprirlo mentre pensa alla Cina, di P.Gonnella, Il Manifesto,26/8/08

Il Pd vuole riaprire l'Asinara e Pianosa per mandarci i mafiosi sottoposti al regime duro di cui all'articolo 41 bis dell'ordinamento penitenziario. Il Pdl vuole rendere quel regime ancora più duro e meno controllato dalla magistratura di sorveglianza.
Il 41 bis è già tortura, ma il Pdl vuole inasprirlo mentre pensa alla Cina
Patrizio Gonnella

Il Pd vuole riaprire l'Asinara e Pianosa per mandarci i mafiosi sottoposti al regime duro di cui all'articolo 41 bis dell'ordinamento penitenziario. Il Pdl vuole rendere quel regime ancora più duro e meno controllato dalla magistratura di sorveglianza. Non oso immaginare quale potrebbe essere la proposta dell'Italia dei Valori. Alcuni mesi fa era intervenuto un giudice californiano, D.D. Sitgraves, per dirci che in Italia c'è il rischio di tortura a causa del tanto venerato 41 bis.
Il 41 bis è un regime penitenziario pesantissimo che proprio a causa della sua estrema durezza la Corte Costituzionale ha affermato che debba necessariamente essere temporaneo. L'isolamento prolungato a cui i detenuti sono sottoposti produce effetti irreversibili di de-socializzazione e de-localizzazione. I vetri divisori ai colloqui, la negazione di ogni forma di socialità, la chiusura di ogni rapporto con l'esterno sono giuridicamente e costituzionalmente tollerabili solo se limitati nel tempo. Eppure a destra come a sinistra ci si indigna quando, dopo sedici anni di regime, un detenuto viene derubricato (questa è la terminologia carceraria) a detenuto As (regime poco meno duro del 41 bis). Pare che il 41 bis sia l'unica arma del diritto a disposizione delle forze investigative contro la mafia. Agli inizi degli anni Novanta, ossia a pochi anni dalla sua introduzione, un funzionario dell'amministrazione penitenziaria italiana nel rispondere agli ispettori del Comitato europeo per la prevenzione della tortura di Strasburgo, affermava che il 41 bis serviva a far parlare i detenuti. Una pratica che assomiglia tanto alla tortura. Tortura che in Italia non è reato. Quando si parla della Cina lontana la retorica dei diritti umani si spreca. Orge di parole in libertà.
Gasparri che si erge a difensore dei diritti umani è come Diabolik che prende il posto dell'ispettore Ginko. I diritti umani vengono così ridotti a merce e dialogo da salotto. I diritti umani sono invece una cosa seria. Ecco un breve elenco: il diritto alla casa delle popolazioni rom e sinti, il diritto all'integrità personale di chi viene fermato e arrestato e senza motivo malmenato, il diritto alla vita dei bambini innocenti chiusi in galera insieme alle loro madri, il diritto alla salute di chi vive in prigione senza luce naturale e quando esce dal carcere gli fanno male gli occhi. I cultori dei diritti umani in Cina sappiano che in alcune carceri italiane si vive in sei in sedici metri quadri, si dorme al terzo piano di un letto a castello in celle dove ai tre detenuti manca lo spazio per stare contemporaneamente tutti e tre in piedi, si può restare chiusi in cella sino a venti ore al giorno.
Sappiano anche che se dovesse essere approvata la contro-riforma dell'ordinamento penitenziario presentata dal presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, le galere scoppierebbero e non di salute. Eliminare gli sconti di pena della liberazione anticipata significa tornare alle carceri dei primi anni Settanta, alle rivolte, alle violenze, all'insicurezza quotidiana. Berselli è dello stesso partito di Gasparri e della Meloni, quelli dei diritti umani in Cina. Siccome noi riteniamo che i diritti umani appartengano a tutti, nessuno escluso, abbiamo deciso di proporci come noi stessi i primi difensori dei diritti delle persone private della libertà.
Per questo, visto che il parlamento non ha ancora istituito un organismo indipendente di controllo dei luoghi di detenzione, abbiamo dato vita al difensore civico di Antigone. Chiunque voglia segnalarci casi o questioni può farlo scrivendoci in via Principe Eugenio, 31 a Roma (cap 00153) o inviando una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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