Il fronte antirazzista, Il Manifesto, 18.06.08

Assemblea alla Sapienza con decine di associazioni. Assenti studenti e docenti
Confronto aperto tra Arci, Acli, Antigone, Cgil, Federazione dei rom e altre organizzazioni. Per costruire l'opposizione al pensiero unico xenofobo e per i diritti dei migranti
Il fronte antirazzista
Assemblea alla Sapienza con decine di associazioni. Assenti studenti e docenti
Confronto aperto tra Arci, Acli, Antigone, Cgil, Federazione dei rom e altre organizzazioni. Per costruire l'opposizione al pensiero unico xenofobo e per i diritti dei migranti
Eleonora Martini
ROMA

Forse sono ancora troppo poche, ma le «Mille voci contro il razzismo» che si sono alzate ieri dall'Aula magna dell'università di Roma La Sapienza rappresentano gli anticorpi della democrazia italiana. Quell'unica preziosa risorsa a cui aggrapparsi per non venire risucchiati dal pensiero unico, dal senso comune razzista dilagante, dall'ideologia xenofoba che ormai attecchisce come la gramigna, da quel «consenso popolare che si nutre del linciaggio dei diritti» prima ancora che delle persone. Per questo, «un consesso di minoranza» - come l'ha chiamato Gad Lerner, che insieme a Tullia Zevi e Luciano Eusebi ha introdotto la discussione - può avere un potenziale inaspettato per contrastare leggi discriminatorie come quelle previste nel pacchetto sicurezza, imposte in nome di un «popolo» che spesso e volentieri non è altro che «un'invenzione ideologica televisiva». «È il razzismo che ci rende insicuri», è il messaggio lanciato dalle centinaia di persone convenute nel cuore del più antico ateneo romano, e che hanno voluto cominciare con un minuto di silenzio in tributo alle 150 vittime senza volto e nome dell'ultima tragedia del Mediterraneo. Vittime per le quali stanno cercando sottoscrizioni per poter organizzare il recupero delle salme e il loro funerale in patria.
Operatori, studiosi, giuristi, antropologi, rappresentanti delle comunità migranti, ex vittime della tratta di schiave, attivisti, medici, politici, intellettuali e sindacalisti hanno voluto alzare la voce contro quelle norme volute dal governo Berlusconi che introducono il reato di immigrazione clandestina, che prolungano la possibilità di detenere i migranti senza alcun processo fino a 18 mesi in un carcere chiamato Cpt, che autorizzano censimenti su base etnica con schedature di massa, che preparano la società ad una militarizzazione del territorio. Leggi che servono proprio ad «aumentare il senso di insicurezza», a far crescere la paura dell'immigrato, a «cercare un capro espiatorio per distogliere l'attenzione», a «frammentare la società». Perché, hanno fatto notare, «cosa c'è di meglio di una comunità frammentata per poterla depredare?».
Colpisce perciò che alle «mille voci» dell'assemblea romana, promossa da un ampio arco di associazioni della società civile italiana - dall'Arci alle Acli, dalla Cgil a Magistratura democratica, da Antigone a Giuristi democratici, dalla Federazione rom e sinti insieme, che ha partecipato con una folta delegazione, a Libera, Lunaria, Fuoriluogo, Medici contro la tortura, Confronti, Asgi, Federazione delle chiese evangeliche italiane, Cantieri sociali, ecc. - non si siano aggiunte quelle degli studenti e dei docenti universitari. Nemmeno l'ombra di uno dei tanti attivisti del movimento studentesco romano. Il primo a registrarne l'assenza è stato proprio il prorettore Piero Marietti, ospite e sostenitore del convegno di cui ha avviato i lavori. «Nessun ringraziamento, era nostro dovere essere qui - ha detto Marietti - Vi devo però chiedere scusa perché con dolore riconosco che quello che manca qui questa mattina è proprio l'Università». «Un vero peccato - ha sottolineato più avanti Sveva Haertter, responsabile ufficio migranti della Fiom - che proprio gli studenti, che pure recentemente hanno subito aggressioni da gruppi neofascisti, non riescano a trovare il nesso tra la loro lotta e quella che noi qui sosteniamo». A dire il vero, gli studenti non sono stati gli unici a snobbare l'appuntamento: nessuna traccia nemmeno del Pd malgrado alcuni esponenti, soprattutto tra i radicali, avessero annunciato la loro partecipazione.
Appaluditissima, Tullia Zevi ha ricordato il clima culturale in cui nacquero le leggi razziali e le tante similitudini tra il senso di solitudine e disperazione che provarono gli ebrei e quello che oggi segna la vita di tanti rom e immigrati. In molti hanno ricordato che «i diritti umani prescindono dallo status e dal possesso di un documento», e «non conoscono confini nazionali». Impossibile riportare tutte le voci, ma l'assemblea infine ha deciso, in questa fase, di concentrare gli sforzi su tre punti, come ha riassunto il responsabile immigrazione della Cgil, Piero Soldini: «Primo: chiediamo a governo e parlamento di fermarsi, di non approvare questo pacchetto sicurezza, facciamo appello affinché venga bocciato in Senato, e invitiamo a riprendere un confronto vero con l'associazionismo di base. Secondo: al parlamento europeo di Strasburgo che domani (oggi, ndr) voterà la direttiva sui rimpatri diciamo che se si vogliono cercare in Europa regole omogenee per ben governare i flussi migratori è sbagliato cominciare da norme repressive e penali. Terzo: è necessario e urgente impostare una campagna culturale che si rivolga a tutti, soprattutto ai media. Perché si garantiscano spazi di informazione corretta, plurale e un uso del linguaggio rispettoso della dignità di ogni essere umano».