Carceri: è allarme sovraffollamento, aprileonline 23/1/08

In dodici mesi la popolazione detenuta è aumentata di 8.866 soggetti, più 20%

Carceri: è allarme sovraffollamento

Gennaro Santoro* ,  23 gennaio 2008

 L'intervento      Sistema penitenziario al collasso, novemila detenuti in più nel 2007. Gli ingressi dalla libertà sono stati 92mila, il 50% di soggetti stranieri (più 3,8% rispetto al 2006). In dodici mesi la popolazione detenuta è aumentata di 8.866 soggetti, più 20%. Sono alcuni dati che emergono dalla relazione annuale del Sappe e danno il quadro della situazione penitenziaria



Oggi il SAPPE, uno dei sindacati della polizia penitenziaria, lancia l'allarme sovraffollamento carcere: quasi 6000 detenuti in più rispetto alla capienza tollerabile (43140 unità).
Un dato allarmante che sarebbe diventato tragico se non vi fosse stato nel frattempo il tanto contestato provvedimento di indulto. Un provvedimento eccezionale che va difeso per le ragioni che seguono.
Al 7 gennaio 2008 sono 48.788 le persone detenute contro le 61264 presenze pre-indulto. Se non vi fosse stato l'indulto saremmo arrivati alla cifra record (e "in sé" disumana) di 72.000 unità.
La situazione di oggi, dunque, conferma l'indifferibilità di quella misura. Vièppiù, il tasso di recidivi è calato dopo il provvedimento di clemenza: attualmente, secondo il Ministero della Giustizia, nelle carceri tale tasso è pari al 42%, era del 48% prima dell'indulto. Ancora, si dimentica che il tasso di recidiva per gli ex detenuti è, da decenni, pari al 68%, mentre quello relativo ai beneficiari dell'indulto si attesta al 27%.
Ma, soprattutto, cade nella reiterazione del reato soltanto il 19% di chi ha usufruito di una misura alternativa.
Il vero fallimento è dunque del carcere che, in un certo senso, favorisce la commissione di nuovi reati. La vera alternativa, di conseguenza, non può essere identificata nella costruzione di nuovi edifici penitenziari quanto piuttosto nell'ampliamento del ricorso alle misure alternative che abbattono il tasso di recidiva e restituiscono maggiore sicurezza ai cittadini.

Ancora, secondo i dati dell'amministrazione penitenziaria, i risultati sono positivi sia per quanto riguarda la percentuale di revoche dell'affidamento in prova al servizio sociale che si attesta, negli ultimi anni, sul 4%, sia per il totale di revoche di tutte le misure alternative che raggiunge poco più del 6%. Tutto questo nonostante la crescita delle misure alternative sia stata costante ed esponenziale. Dal 1991, quando i casi erano meno di 5.000, si è giunti nel 2005 a quota 45.000.
Si dimentica troppo spesso, poi, che l'Italia è uno dei pochi paesi cosiddetti ‘occidentali' (se non l'unico) dove il numero dei detenuti in attesa di giudizio è nettamente superiore a quello dei condannati definitivi (più del 60%!).
Per queste ragioni risulta solo una comoda scorciatoia quella di inveire contro il provvedimento di clemenza.

Tale interpretazione è stata d'altronde sorretta dal capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria nei mesi scorsi: "Già negli anni precedenti, infatti, si registrò un trend costante nel tempo, così da lasciare intendere come altre cause strutturali fossero alla sua base, essenzialmente legate alle disfunzioni del sistema penale". Senza l'indulto, dunque, "la situazione sarebbe stata esplosiva" e - fa notare Ferrara - avremmo avuto 70 mila detenuti per una capienza regolamentare di poco più di 43 mila posti." Il capo del Dap indica, dunque, in altre cause il considerevole aumento della popolazione carceraria di questi ultimi mesi: "Su un flusso di 100 mila unità, la seconda causa di carcerazione (18,5% dei casi) è costituita dalla violazione della legge sugli stupefacenti, mentre il 6,4% dei detenuti del periodo post-indulto è rappresentato da immigrati che hanno violato la legge Bossi-Fini ". Violazioni, giova ricordarlo, che nella stragrande maggioranza dei casi riguarda esclusivamente irregolarità amministrative relative al soggiorno ‘favorite' dal sistema stesso delineato dalla liberticida legge Bossi-Fini.
Il vero fallimento è dunque del carcere, quale istituzione totale deviante, e della caduta del welfare state, ed è su questi due punti che bisogna intervenire, partendo dal presupposto che la sicurezza in generale è garantita dalla sicurezza sociale. Il carcere, come si legge nell'ultima Relazione annuale al Parlamento sulla situazione della Giustizia "non reca così alcun beneficio al singolo in termini rieducativi, e non protegge la collettività, minandone la fiducia nella capacità punitiva del sistema penale."

*Associazione Antigone




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