2007 anno nero. Morti 1.861 migranti in mare, Il Manifesto, 10/01/08

2007 anno nero. Morti 1.861 migranti in mare
Gabriele Carchella

La maglia difensiva dell'Europa è sempre più impenetrabile, mentre il mare esige un dazio crescente di vite umane. Il 2007 si chiude con un bilancio negativo per gli immigrati che dal Nord Africa solcano il Mediterraneo o l'Atlantico nella speranza di mettere piede nel vecchio continente. Sono 1.684 i morti in mare censiti nell'anno appena concluso, contro i 1.625 del 2006. Lo rivela l'osservatorio Fortress Europe, che dal 1988 registra i casi di migranti morti sulla rotta per l'Europa apparsi sulla stampa. Si tratta quindi di cifre approssimate per difetto, perché alcune vittime rimangono per sempre ignote. Considerando anche coloro che non sono morti in mare, il bilancio varia poco: almeno 1.861 morti nel 2007 contro i 2.088 del 2006. Ma la sostanza non cambia: il numero delle vittime è pressoché stabile. Dicembre 2007, in particolare, è stato un mese nero: 243 vittime tra migranti e rifugiati. Di questi, 120 nel mar Egeo, 96 diretti alle Canarie, 17 al largo delle coste algerine e 10 nelle acque dell'isola francese di Mayotte, nell'Oceano Indiano. Al tempo stesso, il numero dei migranti che riescono ad arrivare in Europa è diminuito in modo consistente: attraverso il Mediterraneo e l'Atlantico, nel corso del 2007, sono giunte meno di 50mila persone. Un dato, quest'ultimo, frutto dei respingimenti in mare ad opera di Frontex, l'agenzia comunitaria che controlla le frontiere, e degli arresti dei migranti in Nord Africa.
Basta incrociare i dati relativi ai morti e agli arrivi per capire come le politiche migratorie dell'Ue riescano a diminuire l'afflusso di migranti, soprattutto clandestini, ma abbiano fallito nello sradicare il fenomeno alla radice. Non diminuisce, insomma, la quantità dei migranti né il numero dei morti. Vittime che gravano innanzitutto sulla coscienza degli scafisti che organizzano le traversate dei disperati. Ma sulle quali i paesi europei non possono chiudere gli occhi. L'accordo siglato il 29 dicembre scorso tra l'Italia e la Libia preoccupa gli osservatori. In base al patto, le imbarcazioni italiane potranno navigare in acque libiche con equipaggi misti per rafforzare il controllo e respingere i clandestini. Gli accordi prevedono inoltre la fornitura di un sistema avanzato di controllo alle autorità libiche finanziato dall'Ue. Tutte le operazioni si svolgeranno sotto la direzione di un comando interforze con sede in Libia. Se per il ministro dell'Interno Amato sarà così possibile salvare molte vite, per organizzazioni come Amnesty International, Human Rights Watch e Afvic la cooperazione con la Libia rischia di costare caro in termini di diritti umani. Sono infatti 60mila i migranti arrestati e deportati in Libia solo nel 2006. Tra di loro anche donne e bambini e richiedenti asilo. Molti di loro sono tenuti agli arresti senza processo, mentre altri sono stati abbandonati alla frontiera sud con Niger, Chad, Sudan ed Egitto andando incontro alla morte. L'altra novità è l'adesione di dieci stati europei agli accordi di Schengen, avvenuta il 21 dicembre scorso. Tra questi le repubbliche baltiche, Repubblica ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia. Il confine dell'Europa si sposta così a est . Secondo Fortress Europe, lungo la frontiera tra Slovacchia e Ucraina, attraversata anche da rifugiati ceceni e uzbeki, è stato costruito un muro di telecamere, visori notturni e altri apparecchi sofisticati costati all'Ue ben 50 milioni di euro. E chi riesce a entrare rischia di finire in uno dei 224 campi di detenzione sparsi sul territorio europeo. Lettera22