Doina, due pesi e due misure, di P.Gonnella, Il Manifesto 19/12/07

Doina, due pesi e due misure
Patrizio Gonnella

Nonostante sia la bilancia a rappresentare metaforicamente la giustizia italiana, questa è sempre più una giustizia a due velocità: rapida e inesorabile con i più deboli, lenta e inefficace nei confronti dei più forti. Doina Matei è stata condannata a 16 anni di carcere per la tragica morte di Vanessa Russo. La sentenza parla di omicidio preterintenzionale. «Mi aspettavo di più, ma 16 anni non sono pochi, possono bastare. Sono più sollevata». Così ha commentato la madre della vittima. Ben più ragionevole di chi, sui media, ha sostenuto che si sia consumata una ingiustizia essendo la pena troppo mite. Forse costoro non sanno che in Germania i condannati all'ergastolo scontano in realtà non più di 15 anni, nel caso in cui abbiano tenuto una condotta regolare durante la detenzione. La nostra è una giustizia a due velocità provocata da una informazione ormai prevedibile nel suo inseguire gli umori della folla. «Donna rom trentanovenne incinta muore investita da italiano sulla Pontina». Una breve di questa natura è comparsa nei giorni scorsi sui giornali romani. A etnie invertite tg e giornali nazionali avrebbero aperto con la seguente notizia: «Famiglia distrutta. Uno zingaro rumeno investe e ammazza una donna italiana incinta, futura madre di un meraviglioso bambino, anche lui italiano». Marco Ahmetovic - rumeno - è stato condannato a sei anni per omicidio colposo plurimo. Tutti indignati per la pena troppo bassa, scontata tra l'altro agli arresti domiciliari. Il governo ha addirittura previsto una norma nel pacchetto sicurezza che aumenta le pene per l'omicidio colposo commesso da chi guida in stato di ebbrezza o sotto gli effetti di sostanze stupefacenti. La vicenda di Ahmetovic ha avuto per giorni le aperture dei tg. Quando la scorsa settimana a Ischia è successo un fatto analogo, l'etnia italiana del colpevole ha ridimensionato l'impatto mediatico della vicenda. Nei giorni dell'assassinio di Meredith a Perugia moriva in carcere Aldo Bianzino. E anche lì lo squilibrio nell'attenzione dei media è inverosimile. Non tutti gli omicidi hanno la stessa importanza. Ciò, in una sorta di circolo vizioso, accade per la stampa, per l'opinione pubblica e alla fine per la magistratura.
Luigi Spaccarotella che ha sparato a Gabriele Sandri è libero. Claudio Gugliotti, ultras della Roma, seppur decaduta l'accusa di terrorismo, è ancora detenuto a Regina Coeli. Per alcuni la custodia cautelare è la regola, per altri è una eventualità remota. I dati dell'amministrazione penitenziaria ci dicono che tre detenuti su cinque sono in attesa di giudizio. Eppure la Costituzione li definisce presunti innocenti. Solo che la Costituzione sta un po' facendo la fine del programma dell'Unione, dove era scritto che sarebbero state superate le leggi Bossi-Fini e Fini-Giovanardi e sarebbe stato istituito il garante delle persone private della libertà. Per ora nulla di questo è accaduto. Si tratta di atti normativi doverosi perché riequilibrerebbero una giustizia che pende troppo dalla parte dei più ricchi e dei più protetti.
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