«Lavavetri non è reato» Denunce archiviate, Il Manifesto, 22/09/07

«Lavavetri non è reato» Denunce archiviate
La decisione del Gip di Firenze: solo sanzioni amministrative. Alla conferenza sugli immigrati Domenici è contestato e i diretti interessati sono assenti
Riccardo Chiari
Firenze

«Verso una società multiculturale». Due giorni di convegno internazionale, organizzato dall'Anci e dal Viminale, con almeno una sessantina di interventi in scaletta. Ma nessun migrante. Ad accorgersi della topica, e a segnalarlo pubblicamente, è stata la segretaria nazionale della Cgil, Morena Piccinini. In fretta e furia si è corsi ai ripari: nel pomeriggio era stato inserito al volo fra i relatori un migrante tunisino in rappresentanza di un'associazione toscana. Mentre la notizia girava già da ore sulle radio.
Una giornataccia per il presidente nazionale dell'Associazione dei comuni italiani Leonardo Domenici, padrone di casa in Palazzo Vecchio del convegno che ha come sottotitolo «Dalle esperienze sul territorio alla costruzione di nuovi modelli». I «nuovi modelli» erano quelli per cui una dozzina di primi cittadini si erano sbattuti per ore mercoledì scorso, chiedendo al Viminale più poteri in tema di «sicurezza». Volevano dal governo un decreto legge, si sono visti presentare dal viceministro Minniti un disegno di legge. «Organico, compatto, di pochi articoli, in modo da non incontrare intoppi in Parlamento». In altre parole, la prova di forza tentata dai sindaci era andata buca. Ieri è arrivato il resto. A partire dai cartellini rossi che nel Salone dei Cinquecento sono stati platealmente sventolati da decine di rappresentanti di associazioni e di comunità migranti. Una risposta, civile, alle ordinanze antilavavetri del Comune di Firenze, che hanno fatto il giro del mondo. «Lo avevamo già fatto a Bruxelles - ricorda l'ideatore dell'iniziativa Udo Enwereuzor del Cospe - per segnalare il nostro dissenso di fronte alle esternazioni apertamente razziste di un eurodeputato». Domenici non l'ha presa bene. Ha minacciato di andarsene. Poi si è limitato ad un lungo intervento, nel quale ha segnalato la necessità delle amministrazioni comunali di maggiori risorse per mandare avanti politiche di inclusione, «soprattutto nei settori della scuola, dalla casa, della sanità». Poi però, fra una citazione di Giddens e un morso velenoso a Rifondazione e al suo ministro Paolo Ferrero presente al convegno, il sindaco ha ripreso il tema delle ordinanze antilavavetri. Difendendo punto per punto i provvedimenti, e ricordando: «Nessuno è finito in galera, e non ci sono più lavavetri agli angoli delle strade». Più o meno in quel momento, il giudice delle indagini preliminari Piero Ferrante archiviava la manciata di denunce fatte a Firenze fra il 28 e il 31 agosto scorso contro i lavavetri, in seguito alla prima ordinanza adottata dal Comune di Firenze. E il procuratore capo Ubaldo Nannucci, che aveva chiesto l'archiviazione, inviava con perfetto tempismo una lettera in Palazzo Vecchio «nello spirito di una cordiale collaborazione fra le istituzioni che perseguono, nei rispettivi ruoli e responsabilità, l'interesse pubblico». Nella missiva Nannucci osservava che per risolvere il problema dei lavavetri «è forse più ragionevole procedere al sequestro cautelare, in via amministrativa, dei loro strumenti di lavoro, che non a denunce penali. Anche in considerazione del fatto che l'iscrizione nel registro degli indagati non favorisce certo la possibilità di un utile inserimento lavorativo».
Ancora non era finita. Sotto Palazzo Vecchio iniziava il digiuno a staffetta di don Alessandro Santoro - e di altri cittadini nonviolenti - contro le ordinanze. Un'anticipazione della manifestazione organizzata per oggi da numerose associazioni e comunità migranti, Movimento per la casa e partiti della sinistra cittadina. Con pentole e mestoli, e la rappresentazione teatrale finale «La ballata del lavavetri» nel piazzale degli Uffizi. Accanto a Palazzo Vecchio.
Intanto al convegno si lavorava. L'associazionismo, le comunità migranti e i sindaci che nell'Anci lavorano sempre e bene sui temi dell'inclusione da una parte. Gli industriali e le altre categorie economiche dall'altra. E i primi cittadini big, quelli delle città più grosse delle altre, a parlare fra di loro. Mentre la sottosegretaria agli interni Marcella Lucidi chiedeva - si appellava - al parlamento «perché intervenga in tempi rapidi e certi per approvare la legge Amato-Ferrero sull'immigrazione». Oggi arriva Giuliano Amato. In tempo per il cacerolazo.
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