Roma, assalto al campo rom, IlManifesto, 21/09/07

Roma, assalto al campo rom
I «modelli» Opera e Pavia fanno scuola di razzismo in tutta Italia. Una quarantina di persone armate di tutto punto attaccano nella notte una baraccopoli a Ponte Mammolo, nella periferia della capitale. Un fermato, sequestrati bastoni, catene e coltelli. La notte precedente erano state lanciate alcune bottiglie incendiarie
Cinzia Gubbini Roma

Ci sono i carabinieri, i giornalisti, le telecamere ma i due anziani in bicicletta non si preoccupano, anzi, ci provano gusto. D'altronde va di moda: «Dovete brucià tutti, bastardi». Sotto, nelle baracchine che all'interno mantengono un certo decoro - mentre viste da sopra il ponte sembrano una favela sudamericana - Angel, rom rumena, dice: «Ecco, senti? Grida ancora». Non era mai accaduto a Roma, ma l'assalto dell'altra notte all'insediamento spontaneo sorto lungo le sponde del fiume Aniene ricorda le cronache di questi giorni a Pavia, come già quelle sul campo rom di Opera a Milano. Quaranta persone che si radunano sotto casa per andare a «punire» gli zingari. Armati e con il volto coperto. Già due giorni fa sulle stesse baracche, dove vivono una trentina di persone, erano piovute quattro bottiglie incendiarie, due delle quali erano andate a fuoco. Ma l'altra sera gli abitanti avevano in mente qualcosa di più. Erano circa le undici e mezza. Prima sono passati con un motorino e hanno gettato altre due bottiglie incendiarie. Poi hanno iniziato a compiere piccole incursioni verso il campo. «Gridavano cose brutte - dice Angel - e tiravano cose. Se non arrivavano carabinieri eravamo morti tutti, pure i bambini». I rom hanno dato l'allarme al numero lasciato dai militari. La volante si è trovata davanti uno strano assembramento: gente con in mano bastoni e catene, prevalentemente giovani, compresa qualche ragazza. Anche ai carabinieri è toccato un lancio di sassi, ma la maggior parte delle persone è scappata. Solo uno è stato fermato, Fabrizio L., 40 anni. In tasca aveva un coltello da cucina e un taglierino. Ha detto di essere a capo di un «comitato spontaneo di cittadini». Da ieri è agli arresti domiciliari e oggi sarà processato per porto abusivo di arma bianca e resistenza a pubblico ufficiale.
«Fabrizietto», come lo chiamano gli amici del quartiere, ha alle spalle piccole precedenti per reati contro il patrimonio. In pratica furti, la stessa cosa che gli abitanti di Casal de'Pazzi imputano ai rom. E' cresciuto in questo quartiere di case popolari a ridosso della tangenziale. Palazzi neanche brutti se non fosse che lungo le strade non c'è niente, tranne un piccolo giardino con qualche gioco per i bambini e una fontanella, pomo della discordia tra gli abitanti e i rom dell'Aniene, che qui vengono a rifornirsi d'acqua. «Se lo so' bevuto», si danno di gomito due ragazzetti che avranno sì e no vent'anni riferendosi a Fabrizio. Dicono che se l'avessero saputo ci sarebbero andati pure loro a dare «qualche bastonata a quei bastardi». Ma che cosa fanno i rom? «Ammazzano, stuprano e rubano», risponde uno senza battere ciglio. Ovviamente non c'è stato alcun omicidio nella zona: «Non lo fanno qua, ma so' sempre loro». Alla fine viene fuori che la «goccia che ha fatto traboccare il vaso» riguarda alcuni finestrini delle auto che nelle ultime notti sono andati in frantumi. Trovare i colpevoli è stato facile: i rom rumeni. Di qui la spedizione punitiva. Sembra di sentire Angel: «Per italiani i rumeni fanno sempre cose brutte, ma anche loro mica fanno cose belle».
Comunque nel quartiere non tutti hanno le stesse idee: questo è stato uno dei serbatoi di voti per la sinistra. Oggi campeggiano i volantini di Azione giovani, gli adesivi di Forza Nuova e le scritte dei Boys della Roma. «Una volta era diverso, è cambiato dagli anni '90. E poi un anno fa ha anche chiuso la sede del Prc che stava proprio qui», dice un signore anziano. Per i carabinieri la motivazione dell'aggressione non va ricercata in una matrice politica, o nel razzismo: «Avrebbero fatto lo stesso anche con un insediamento di svedesi». Massimo Caprari, presidente del consiglio municipale del V municipio (Ulivo) è convinto che l'esplosione di intolleranza derivi dalla «perdita di sicurezze della gente», ma è anche certo che «dal sindaco è arrivato un messaggio forte con il patto per la sicurezza». Cioè i megacampi che Veltroni - il quale ieri non ha inviato neanche un comunicato di condanna - vuole costruire, entro gennaio, oltre il raccordo anulare. E pensare che i trenta presi d'assalto l'altra notte sono il «prodotto» di un'altra brillante operazione di sgombero: quello di Casilino 700 voluto da Rutelli. «Loro solo sgomberano», dice scuotendo la testa Angel.