Il caso del rifugiato albanese, meltingpot.org, 11/05/07

Il caso del rifugiato albanese

"l’ eccezione che conferma la regola"

Il caso del ragazzo albanese richiedente asilo in quanto omosessuale ha avuto un esito positivo in sede ammnistrativa.
La Commissione Territoriale per lo Status di rifugiato di Foggia, infatti, in due stringate righe ha deciso di riconoscere lo status di rifugiato al cittadino albanese sulla base del serio pericolo cui lo stesso sarebbe andato incontro in caso di suo rimpatrio.

Il caso è, in Italia, unico relativamente a cittadini abanesi.

Pubblichiamo, di seguito, alcune considerazioni insieme alla descrizione della vicenda del ragazzo in questione (tutelandone il nome e la privacy).

Alleghiamo all’articolo tutta una serie di ducumenti che possono essere utili per documentare la condizione degli omosessuali in Albania e delle discriminazioni che li subiscono.

Sebbene alcune pronunce dei Giudici di merito (anche Giudici di Pace) abbiano in passato sancito la inespellibilità (ex art. 19 T.U. Immigrazione) di migranti privi di permesso di soggiorno in quanto omosessuali per avere riscontrato un concreto pericolo per la loro incolumità è la prima volta in Italia (la seconda in Europa) che arriva una pronuncia dichiarativa del riconoscimento dello status di rifugiato.

Il percorso di Fatos (nome di fantasia) è particolarmente significativo, non solo della condizione di pericolo o ostilità vissuta dagli omosessuali in Italia ed in altri Paesi dell’Europa geografica, quanto nella descrizione delle vite dei migranti e della loro precarietà: entrato in Italia regolarmente per studiare Fatos perde il diritto di soggiornare dopo che la sua famiglia scopre la condizione di omosessualità del figlio.
Non avendo avuto la possibilità di pagare gli studi, infatti, il suo permesso di soggiorno non viene rinnovato. La attuale normativa non permette a Fatos di risiedere legalmente in Italia, di lavorare o di rendere visiile la sua condizione.Si rivolge al centro antidiscriminazioni di Pistoia e prepara la dcumentazione per fare richiesta di asilo.

Fermato dalle forze di polizia riceve il decreto di espulsione per non avere rinnovato il permesso di soggiorno. A questo punto Fatos deposita la richiesta di asilo presso la Questura.
Nonostante una chiara nota del Ministero dell’Interno (N. 400/B/2005/460/P/15.1.7.7 del 31 ottobre 2005) che vuole che i richiedenti asilo non siano sottoposti a misure di tratenimento nel Cpt Fatos, viene fermato e spedito nel Cpt di Restinco (Br).

L’udienza di convalida del trattenimento di Fatos è, praticamente, inesistente. Dieci eccezioni formali al trattenimento ed al decreto di espulsioni non vengono prese in considerazione dal Giudice di Pace di Brindisi che, disinvoltamente, firma il modulo prestampato con il quale viene convalidato il trattenimento in quello che è senza dubbio uno dei peggiori (se una scala è possibile!) Cpt d’Italia. Norme Italiane ed Europee di fatto inesistenti.

In attesa di proporre ricorso contro il decreto di espulsione Fatos viene portato a Foggia dinanzi alla Commissione Territoriale. Anche qui le audizioni sono generalmente (soprattuto in periodo estivo) affrettate.In questa sede la copiosa documentazione esibita sulla condizione degli omosessuali in Albania produce, però, gli effetti sperati.
La discussione dura circa un’ora, Fatos riceve lo Status di rifugiato politico ex art. 1 Convenzione di Ginevra, esce dal Cpt di Bari (dove intanto era stato trasferito) e torna a casa sua da uomo libero.

Tutto ciò stimola almeno due considerazioni: innanzitutto la condizione di precarietà dei migranti.
Questa si adagia sulla condizione di povertà materiale che spinge in molti casi alla migrazione dal proprio Paese e non trova soluzione repentina con l’arrivo in Italia. In secondo luogo la questione dell’asilo in Italia, la mancanza di una normativa sul tema e il “rifugiarsi” nelle strette maglie Convenzione di Ginevra.

La distinzione tra rifugiati e migranti economici che ne è alla base è abbastanza chiara nella sua drammatica crudeltà: per i migranti economici, non potendosi dimostrare il pericolo attuale e concreto di persecuzioni non è riservato altro status che quello di “clandestini”.

Questa distinzione, purtroppo, non è solo la base della normativa applicata in Italia sul diritto d’asilo, ma anche il filo conduttore delle brevi audizioni presso le Commissioni Territoriali.
Fatos, accompagnato da un legale, dinanzi alla Commissione ha potuto “dirigere” la discussione. Quanti altri, però, hanno la stessa possibilità visto che nei CDI mancano servizi di tutela legale? La domanda che taglia le gambe all’inizio dell’audizione è relativa alle motivazioni che portano a lasciare il proprio Paese. Se rispondi che sei in Italia per cercare lavoro (il che è ovvio, per chiunque) il resto della audizione può dirsi pregiudicato radicalmente. Il Commissario di turno è esonerato dall’indagare sulle altre ragioni che hanno spinto il richiedente asilo alla fuga.

Le motivazioni economiche non compaiono mai tra i presupposti della concessione dell’asilo. Anzi, sembrano incompatibili con lo stesso, così come sino a poco fa era incompatibile lo svolgimento di lavoro con la richiesta di asilo e la seconda escludeva la possibilità di cercare un’occupazione.

Ma ancora oggi la condizione di rifugiato è valutata solo nell’ambito della Convenzione di Ginevra del 1951 e, dunque, ha un ambito di operatività molto limitata.

Con questa Convenzione, infatti, si voleva tutelare la posizione di coloro che cinquanta anni fa, per motivi ideologici, fuggivano dall’Est europeo nell’ambito della politica di contrapposizione tra i blocchi.
Tutto quello che riguarda una fuga dalle persecuzioni, dalla tortura, dalle violazioni dei diritti umani, dalle discriminazioni e così via era, come è, quasi strutturalmente fuori dall’interesse delle Commissioni.

La vicenda di Fatos è emblematica della condizione di precarietà del migrante, una condizione non astratta, ma legata al reddito.
Egli diventa "clandestino" in quanto non ha i soldi per pagare gli studi che gli garantivano il permesso di soggiorno! Ed è emblematica della necessità di arrivare in tempi rapidi ad una legislazione sul diritto d’asilo che colga in pieno quanto dispone l’art. 10, comma 3, della Cost. Italiana secondo cui “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.

Nessuna altra limitazione dovrebbe essere posta.

Redazione Melting Pot, con la collaborazione dell’Avv. Dario Belluccio

Per approfondimenti sulla situazione degli omosessuali in Albania, vedi allegati