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Amnistia e indulto, di P.Gonnella, Italia oggi, 10/6/06

giugno'06

 

Sono 19.838 i detenuti, già condannati in via definitiva, che potrebbero usufruire di una amnistia che riguardi reati puniti con una pena inferiore a cinque anni. 22.464 sono invece i detenuti che potrebbero usufruire di un indulto fino a tre anni. Tra i possibili fruitori di un provvedimento di amnistia e di indulto vi è ovviamente una parziale sovrapposizione, per cui le due cifre non vanno sommate algebricamente. Nel conto totale vanno però anche conteggiati gli imputati e gli appellanti ristretti per reati sanzionati con pene infraquinquennali nonché i mancati ingressi di coloro che dallo stato di libertà, di sospensione della pena o di esecuzione penale esterna eviterebbero così l’ingresso in carcere. Si può, pertanto, ragionevolmente presumere che un’amnistia e un indulto generalizzati delle dimensioni sopradescritte potrebbero far uscire dal carcere sino a trentamila persone, così riportando la capienza reale al di sotto di quella regolamentare e a numeri comparabili a quelli del 1990, anno dell’ultimo provvedimento di clemenza.

La popolazione detenuta cresce a ritmi sostenuti. Al 31.12.2005 i detenuti erano 59.523. In cinque mesi – i dati più aggiornati risalgono al 31 maggio scorso -  sono diventati 61.392; una crescita quindi di 400 detenuti al mese. Solo due anni prima i reclusi erano 55.392. In 24 mesi i detenuti sono aumentati di ben settemila unità. La capienza regolamentare resta ferma a 42.959 posti letto. Nelle 209 carceri italiane ci sono quindi al momento18.433 persone in più rispetto alla capienza limite. Senza contare che le leggi ex Cirielli sulla recidiva e Fini-Giovanardi sulle droghe non hanno dispiegato ancora i loro effetti in termini di nuova carcerazione. Gli ingressi dalla libertà sono stati nel 2005 ben 89.887 di cui quasi la metà erano stranieri. 9.619 sono stati gli ingressi carcerari di stranieri arrestati o condannati solo per non avere ottemperato all’ordine di espulsione. Nella fotografia di un giorno delle carceri italiane gli stranieri – quasi tutti extracomunitari - scendono a circa il 30% del complesso della popolazione detenuta. Ciò significa che gli stranieri sono più frequentemente arrestati ma non nello stesso numero vengono poi condannati; è più facile quindi che incorrano in misure cautelari detentive. I tossicodipendenti  presenti in carcere al 31.12.2005 erano 16.135. Per quanto riguarda i reati ascritti alla popolazione detenuta il 30,3% è composto da delitti contro il patrimonio. Il 14,6% dei detenuti è dentro per reati commessi in violazione della legge sulla droga (in questo caso parliamo della Jervolino-Vassalli). Considerando, invece, i reati di maggiore allarme sociale il 14,8% dei detenuti ha commesso delitti contro la persona, il 2,5% reati di mafia. Solo il 5% è stato condannato a oltre 20 anni o all’ergastolo. Se questo è il quadro numerico della detenzione in Italia uno sguardo va rivolto anche al personale che deve gestire l’esecuzione penale. 45.126 sono gli agenti di polizia penitenziaria; di questi solo 36.268 lavorano nelle carceri; il rapporto complessivo è pari ad 1 agente ogni 1,6 detenuti. 551 sono gli educatori, rispetto ai 1.376 previsti nella pianta organica ministeriale. Il rapporto educatore/detenuto è pari a 1 a 107. 1.223 sono gli assistenti sociali in servizio, rispetto ai 1.630 previsti dalla pianta organica. Il rapporto è di 1 assistente sociale ogni 48 detenuti. Circa 400 sono gli psicologi, con una media di 2 esperti per ogni istituto; questi, però, sono impegnati di solito per un numero di ore molto limitato al mese. Il rapporto psicologo/detenuto risulta comunque di 1 a 148.
Il sovraffollamento riduce la qualità della detenzione e del trattamento, nonché dequalifica e burocratizza il lavoro degli operatori penitenziari. Un provvedimento di clemenza è da molti visto come la premessa per successive riforme organiche. Con numeri così alti ogni tentativo di riforma fallirebbe inevitabilmente.

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