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Prodi: «Puntare sulla cittadinanza», Il Manifesto, 26/10/06

Prodi: «Puntare sulla cittadinanza»


Il presidente del Consiglio ha partecipato, ieri, alla presentazione dell'annuale Dossier statistico della Caritas sull'immigrazione. «Occorre cambiare la legge e favorire l'integrazione». La destra lo attacca

Cinzia Gubbini
Roma
E' forse la prima volta che, all'annuale presentazione del Dossier statistico della Caritas sull'immigrazione, di numeri si parla poco e niente. Tutti gli occhi della sempre più numerosa platea sono puntati sull'ospite d'onore: nientemeno che il presidente del Consiglio Romano Prodi in persona. Non era mai accaduto che un premier si spingesse fino al teatro don Orione di Roma per presenziare a quello che - per il vasto e articolato universo che si occupa di immigrazione - è un vero e proprio evento (sarà che è praticamente l'unico). E sono lontani i tempi in cui la Lega al governo inveiva contro «i vescovoni», rei di difendere gli immigrati. Lui, Romano, sembra essere proprio a suo agio sul palco, spalla a spalla con il vescovo Domenico Sigalini (segretario della Commissione episcopale sull'immigrazione della Cei), il presidente della Caritas diocesana di Roma don Guerino di Tora, il direttore della Caritas italiana monsignor Vittorio Nozza. L'applauso che lo accoglie è caloroso, di incoraggiamento. Ma certo il premier non ha molto da portare in dote. «Almeno poteva dire che abrogheranno la Bossi-Fini», osserva una signora all'uscita, un po' delusa.
Eppure quella di ieri è stata una presentazione ben particolare: la Caritas ha avanzato chiare richieste, indicate anche nella sintesi del rapporto statistico. Dalla necessità di stabilire quote credibili di ingresso all'indicazione di considerare il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro. Il ruolo che la Chiesa si ricava è quello di smarcare il tema dell'immigrazione dal cantone della sinistra. Insistendo, quest'anno più che mai, sull'obbligo cristiano di accogliere lo straniero, culminato nell'incipit dell'intervento di Sigalini: «L'immigrazione è una benedizione». Ma anche utilizzando i numeri, 3 milioni di presenze che raddoppieranno in dieci anni, per sottolineare che «l'immigrazione è una realtà ineluttabile, il nostro futuro», come dice il curatore del Dossier Franco Pittau. Perché, come sottolinea a margine del convengo: «Basta con questa canea che si scatena ogni volta che si propongono miglioramenti delle politiche migratorie, l'immigrazione non deve essere percepita come un tema di uno schieramento o dell'altro».
Com'è d'accordo Prodi, che nel suo intervento richiama «quelle persone che di giorno gridano all'allarme, e di notte vengono a chiedere al governo i permessi di soggiorno dell'immigrato che vogliono far lavorare». E' questo il cruccio della maggioranza: la paura dell'opinione pubblica e gli attacchi forsennati della destra, che ancora ieri ha inviato comunicati di fuoco per censurare le proposte del premier. Il principale affondo è sul terreno più facile: la riforma della legge sulla cittadinanza. Certo, Prodi ha molto insistito sul fatto che «l'immigrazione deve sboccare nella cittadinanza. Sarà bello il giorno in cui al governo siederanno persone di origine straniera». Ma ha sottolineato anche che chi diventa cittadino «deve accettare le nostre regole» e soprattutto che «il governo ha proposto cinque anni di permanenza, ma non sarà un anno in più a cambiare la sostanza».
L'occasione per l'applauso a scena aperta il premier la offre quando dice che «l'interfaccia con l'immigrato deve essere il Comune, non solo la questura», e quando osserva che su un problema tanto complesso «l'unico riferimento non deve essere il Viminale, ma tutti i ministeri competenti, dalla Solidarietà sociale, alle Politiche per la famiglia, all'Istruzione».
Ma tutti aspettano con le antenne dritte di capire qual è la posizione del premier sulla riforma della Bossi-Fini. Lui non entra troppo nei particolari, ma qualche indicazione la dà. Intanto annuncia che saranno stabili flussi triennali e po cita la reintroduzione dello sponsor «preferibilmente istituzionale. Ma si discute anche dello sponsor individuale, su cui però bisogna riflettere bene per evitare abusi». E poi dice quello che molti aspettano di sentire: «Si sta valutando un soggiorno temporaneo per la ricerca di lavoro», cavallo di battaglia della associazioni. Cattive nuove per quanto riguarda, invece, la scelta italiana nei confronti dei lavoratori provenienti da Bulgaria e Romania, prossimi nuovi paesi membri dell'Unione europea: «Ho sempre sostenuto una politica di apertura», ha dichiarato, osservando però che se il resto dei paesi chiuderà le frontiere «l'Italia non può pensare di fare tutto da sola». E non poteva mancare il grande tema dell'«immigrazione qualificata». «Ci vuole - ha detto Prodi - guai a quel paese che non ha anche ricercatori, studenti. Perché sono di stimolo anche agli altri, affinché salgono la scala sociale». Infine un'autocritica. Sulla finanziaria: «E' vero 50 milioni sono pochi per le politiche di integrazione». Si può fare di più.
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