Trasforma il tuo 5x1000 in uno strumento di tutela dei diritti umani
Leggi il nostro rapporto
Scarica la nostra guida

Schiavitù, ipersfruttamento e diritti negati dei migranti, Il Manifesto, 20/9/06

Schiavitù, ipersfruttamento e diritti negati dei migranti
Enrico Pugliese
Quest'anno L'Espresso ha pubblicato due interessanti inchieste di Fabrizio Gatti sulle condizioni in cui sono prima accolti e poi trattati gli immigrati in Italia. Il primo, sugli arrivi dei clandestini e quel che capita loro nei centri di identificazione, ha avuto un'eco importante a livello nazionale e internazionale. Gatti ha messo in luce come in queste istituzioni gli immigrati vengano brutalizzati e lasciati in condizioni disumane per sadismo e sciatteria. La seconda inchiesta riguarda le condizioni di vita e di lavoro in cui si vengono a trovare i lavoratori clandestini in Italia. A Gatti va riconosciuto il merito di aver condotto un'inchiesta in profondità, andando a vedere di persona, nell'orrore della quotidianità, ciò che provano gli immigrati che lavorano nei campi in una zona agricola del Sud.
Anche in questo caso Gatti ha usato la tecnica del travestimento, coraggiosa e non priva di rischi e che ha un'antica tradizione. Ricordo il celebre libro di Gunther Walraff Ganz unten (pubblicato in italiano da Pironti con il titolo Faccia da Turco) che raccontava le malversazioni e il super sfruttamento ai danni degli immigrati turchi da parte di piccoli e meno piccoli padroni tedeschi, le cattiverie razziste di qualche prete e le vere e proprie azioni criminali di bravi borghesi. Anche un mio collega all'Università della California, Bill Friedland, aveva fatto negli anni Sessanta un'esperienza analoga tra i braccianti agricoli chicanos, nell'area di massimo sviluppo agricolo del mondo. Essendo bianco e anglofono, Friedland non poteva farsi passare per messicano e così assunse le vesti di un "wino", cioè di un marginale, alcolista cronico. Tra i poveracci addetti alla raccolta di frutta e verdura in California ci sono anche costoro.
Abusi e violenze nei confronti dei lavoratori alla base della piramide sociale e occupazionale sono all'ordine del giorno. Per quanto concerne le prepotenze dei caporali e gli abusi sessuali ai danni delle lavoratrici, anche la nostra storia agraria ha poco di cui vantarsi. Padroni e caporali si accaniscono sui lavoratori e sulle lavoratrici migranti: non c'è controllo locale e comunitario, i fatti avvengono in luoghi isolati e lontani dalle aree di residenza dei lavoratori che dipendono da padroni e caporali anche per trasporto e alloggio. Pareva che queste cose fossero finite nel nostro paese, ma il servizio di Gatti le ripropone con forza. Non sono più le mondine o le raccoglitrici del Mezzogiorno a essere l'oggetto prevalente degli abusi: ora è la volta degli immigrati. Gatti presenta un quadro impressionante: padroni e caporali armati che minacciano chi «azzarda» la richiesta d'essere pagato per il lavoro, intimidazioni con passaggio a vie di fatto, insulti razzisti, per non parlare del sottosalario (da due a quattro euro all'ora), o dei furti da parte dei caporali. Situazioni igieniche aberranti, perfino a volte la mancanza d'acqua (distribuita come un favore dai caporali), alti rischi sul piano sanitario.
Sono convinto che tutto quel che Gatti presenta sia vero e ben documentato. D'altronde sulle condizioni di vita, di reddito e di salute dei lavoratori agricoli nel Mezzogiorno già l'associazione «Medici senza Frontiere» aveva condotto una sua dettagliata inchiesta rappresentativa della condizione dei braccianti immigrati, sia pure in una situazione estrema: il che non ne riduce in alcun modo la gravità. Rispetto poi ai termini «schiavitù» o «lavoro schiavo», ritengo che sia pericoloso usarli in maniera estensiva e che con essi ci si debba riferire esclusivamente a situazioni dove non c'è solo supersfruttamento e violenza, ma anche privazione della libertà, impossibilità di fuggire per la minaccia di ritorsioni nei confronti della vittima degli abusi o di suoi familiari. Per fortuna, non mi pare che sia il caso di questi lavoratori, nonostante gli orrori descritti. In effetti, in Italia la riduzione in schiavitù esiste ed è di massa per le vittime dello sfruttamento della prostituzione. E bene fece a suo tempo Livia Turco a introdurre, nella legge che porta il suo nome, l'art. 18 che consentiva l'uscita dalla condizione di schiavitù, attraverso programmi di protezione e reinserimento, al di fuori dei principi della legislazione «premiale»: insomma non come collaboratore di giustizia, ma come vittima di abuso. L'Articolo - ripreso dal Testo Unico delle leggi sull'immigrazione e non corretto dalla Bossi-Fini - introduce interventi di protezione sociale e permesso di soggiorno per motivi umanitari «quando siano accertate situazione di violenza o grave sfruttamento nei confronti di uno straniero, ed emergano pericoli per la sua incolumità per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un'associazione dedita a uno dei predetti delitti».
I 'predetti delitti' in sostanza sono la tratta. Da anni compagni ben intenzionati credono di poter far estendere questa norma di legge ai lavoratori supersfruttati, come «gli schiavi di Puglia». Io penso che sia una strada inopportuna: se si trova un magistrato che applica alla lettera la legge c'è il rischio che l'immigrato venga spedito in un cpt per la deportazione in quanto non in pericolo. La verità è che in agricoltura si registra un vastissimo arcipelago di condizioni lavorative a volte solo scadenti a volte orribili e, come nel caso presentato da Gatti, accompagnate da violenze. Non si tratta di schiavitù ma di condizioni di vita e lavoro inaccettabili che riguardano soprattutto gli ultimi arrivati, come risulta dal continuo susseguirsi di nazionalità che incontra chi studia le condizioni di lavoro in agricoltura. Dall'inchiesta di Medici senza frontiere avevo appreso che nelle campagne del Sud c'è anche un'altra categoria di disgraziati, il cui progetto migratorio è fallito: non gli ultimi arrivati, ma chi è rimasto ultimo. Dall'articolo di Gatti si ha la conferma che tra i caporali e gli oppressori ci sono anche stranieri, cioè altri immigrati.
Dall'esperienza finora accumulata risulta che da queste situazioni si esce con il tempo e con la lotta: quella sindacale in primo luogo. Gatti ritorna sul tema, documentando i profitti che le imprese traggono, anche grazie a contributi e intrallazzi, dallo sfruttamento di questi lavoratori. E in questo stesso numero c'è un'utile intervista a Guglielmo Epifani che assume una posizione interessante. Dopo aver denunciato che ora chi si ribella e denuncia i suoi aguzzini «viene punito e espulso dall'Italia», Epifani aggiunge che «la legge dovrebbe premiare l'extracomunitario irregolare che denuncia lo sfruttamento e le violenze. In questo caso lo Stato dovrebbero concedere al lavoratore il permesso di soggiorno». Non mi è chiaro cosa intenda effettivamente il segretario della Cgil. Se cioè propone una sorta di estensione dell'art. 18 (in chiave di legislazione premiale) a tutti i supersfruttati (centinaia di migliaia), oppure se richieda, molto più praticamente e efficacemente, per costoro la garanzia del permesso di soggiorno con conseguente possibilità di difesa sindacale, uscendo allo scoperto senza correre il rischio di finire nei cpt ed essere deportati (magari avendo vinto la eventuale vertenza sindacale). E' bene ricordare che questa contraddizione - questa attuale impossibilità di difendersi sindacalmente per il rischio di essere deportati - non è un frutto della Bossi-Fini ma della Turco-Napolitano che è alla base del vigente Testo Unico della legge sull'immigrazione. Nella situazione legislativa esistente il lavoratore immigrato clandestino deve nascondersi per sottrarsi sia alle violenze degli sfruttatori che all'azione delle forze dell'ordine e della magistratura. E' dunque necessario procedere alla regolarizzazione immediata di questi immigrati come lavoratori, se si vogliono cancellare le condizioni descritte da Gatti e le forme meno truculente di supersfruttamento diffuse a livello di massa.
  • 1
  • 2
  • 3
Prev Next

“Oltre il limite”. Il report 2023 sulle carceri marchigiane

“Oltre il limite”. Il report 2023 sulle carceri marchigiane

“Oltre il limite”. E' questo il titolo del Report 2023 di Antigone Marche che è stato presentato oggi a Jesi durante un Convegno sulla condizione delle carceri marchigiane. Il documento...

Non possiamo tacere, non vogliamo restare inerti

Non possiamo tacere, non vogliamo restare inerti

Un comunicato che abbiamo inviato insieme a Magistratura Democratica e Unione Camere Penali Italiane Ormai non è in gioco solo la dignità dei detenuti, si tratta di preservare la loro stessa...

Carceri minorili. Il rapporto di Antigone: "rischio che…

Carceri minorili. Il rapporto di Antigone: "rischio che la giustizia minorile perda i ragazzi per strada"

"Il modello della giustizia minorile in Italia, fin dal 1988, data in cui entrò in vigore un procedimento penale specifico per i minorenni, è sempre stato un vanto per il...

A Roma, il 20 febbraio, presentiamo il 7° rapporto sulla giu…

A Roma, il 20 febbraio, presentiamo il 7° rapporto sulla giustizia minorile: Prospettive minori

Il prossimo 20 febbraio, alle ore 10.00, presso il Roma Scout Center (Largo dello Scautismo, 1), Antigone presenta "Prospettive minori", 7° Rapporto sulla giustizia minorile in Italia.  La giustizia penale minorile...

Carceri. Antigone: "il sistema penitenziario rischia di…

Carceri. Antigone: "il sistema penitenziario rischia di trovarsi in emergenza in pochi mesi. Si prendano provvedimenti"

"Il sistema penitenziario italiano si avvicina a passi da gigante a livelli di sovraffollamento che configurerebbero un trattamento inumano e degradante generalizzato delle persone detenute. Bisogna prendere provvedimenti e prenderli...

Ungheria: carceri sovraffollate e abuso della contenzione fi…

Ungheria: carceri sovraffollate e abuso della contenzione fisica

Nove anni dopo che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Ungheria per aver violato il divieto di trattamenti inumani e degradanti a causa delle sue condizioni carcerarie, i...

Riportare Ilaria Salis in Italia. Subito

Riportare Ilaria Salis in Italia. Subito

di Patrizio Gonnella su il manifesto del 30/01/2024 L’arretramento dello Stato di diritto ungherese è da ieri sotto gli occhi di tutti. E a tutti è sbattuto in faccia con quelle...

Sentenza storica della Consulta: si alla sessualità in carce…

Sentenza storica della Consulta: si alla sessualità in carcere. Antigone era nel procedimento

  La Corte Costituzionale ha detto sì alla affettività e alla sessualità in carcere, dichiarando illegittimo l'articolo 18 dell'ordinamento Penitenziario che, in materia di colloqui visivi, imponeva il controllo a vista. La...

Carceri fatiscenti, sovraffollamento e condizioni degradate …

Carceri fatiscenti, sovraffollamento e condizioni degradate di vita per detenuti e personale. La fotografia che ci lascia il 2023

Carceri fatiscenti, sovraffollamento e condizioni degradate di vita per detenuti e personale. La fotografia che lascia il 2023  "Lanciamo oggi l'allarme sul sistema penitenziario italiano, prima che si arrivi a...

Diecimila detenuti in più dopo un anno di frenesia punitiva

Diecimila detenuti in più dopo un anno di frenesia punitiva

di Patrizio Gonnella su il manifesto del 28 dicembre 2023 C’è un numero che caratterizza il 2023 penitenziario: 10.000. Sono almeno 10 mila le persone detenute in più rispetto alla capienza...

Apertura bando Servizio Civile Universale

Apertura bando Servizio Civile Universale

È ufficialmente aperto il bando Servizio Civile Universale per la selezione di operatori volontari! Scopri il nostro progetto “La tutela dei diritti delle persone private della libertà 2024”, che vede la coprogettazione...

Suicidi in carcere, 67 da gennaio. Un’enormità

Suicidi in carcere, 67 da gennaio. Un’enormità

di Patrizio Gonnella su il manifesto del 16 dicembre 2023 Ogni cinque giorni si ammazza un detenuto nelle carceri d’Italia. Un elenco tragico che ho deciso di riportare qua di seguito...

Appello: no al pacchetto sicurezza

Appello: no al pacchetto sicurezza

Appello alle forze parlamentari contro il disegno di legge recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica, tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario. Le sottoscritte...

I nostri 6 NO al pacchetto sicurezza

I nostri 6 NO al pacchetto sicurezza

1. No al recente pacchetto sicurezza del Governo che semplifica tragicamente la nostra società attraverso un inutile e ingiusto inasprimento del modello di repressione penale e carceraria. La sicurezza è...

Il ritorno del carcere fascista

Il ritorno del carcere fascista

di Patrizio Gonnella su il manifesto del 19 novembre 2023 Con il nuovo delitto di rivolta nasce il reato di lesa maestà carceraria. Il governo, a volto e carte scoperte, ha...

60mila detenuti e il governo di destra butta la chiave

60mila detenuti e il governo di destra butta la chiave

di Patrizio Gonnella su il manifesto dell'11 novembre 2023 “Chiudere, chiudere, chiudere”. È oggi il mantra che si sente ripetere dalle parti del ministero della Giustizia, come se nulla fosse accaduto...

Tortura. Antigone: "la Consulta ricorda quanto sia fond…

Tortura. Antigone: "la Consulta ricorda quanto sia fondamentale perseguire i torturatori. Governo e Parlamento archivino i propositi di intervenire sul reato"

La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di perseguire i presunti autori di torture anche laddove non sia possibile notificare gli atti ai soggetti chiamati a rispondere di queste...

Un appello ai medici dai detenuti di Rebibbia

Un appello ai medici dai detenuti di Rebibbia

Il tema della sanità penitenziaria è un tema centrale per quanto riguarda l'esercizio di uno dei principali diritti della persona, stabilito anche dall'articolo 32 della Costituzione: quello alla presa in...

Visualizza tutte le news presenti in archivio

Iscriviti alla newsletter
Acconsento al trattamento dei miei dati personali

Rapporto Antigone

Rapporto Annuale

Dona il 5x1000
AntigoneCinquePerMille

Sostieni Antigone
con una donazione