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Se non ci fossero gli immigrati, La Repubblica, 14/02/08

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Se non ci fossero gli immigrati

Viaggio nelle attività e nei mestieri che ormai fanno solo gli stranieri


<B>Se non ci fossero gli immigrati</B>
di PAOLO CASICCI e RICCARDO STAGLIANÒ

Con il primo figlio in genere arrivano i platanos fritos. Le tate sudamericane adorano le banane in padella. E se in casa abita anche un genitore anziano il rischio di doversi sorbire una zuppa borsch si aggrava. Perché le badanti ucraine non resistono alla nostalgia del brodo di barbabietola. La famiglia italiana al tempo del lavoro immigrato è diventata una multinazionale in sedicesimo. Che, senza la manodopera straniera, chiuderebbe i battenti da un giorno all'altro. Togli le babysitter filippine, ecuadoregne, colombiane e mamma o papà dovranno rinunciare prima al lavoro.

Poi alla seconda auto, alla settimana bianca e agli ultimi scampoli di tempo libero. Idem se non ci fosse chi assiste low cost il loro genitore ammaccato. Dal micro al macro il risultato non cambia. Anzi. Uno sciopero generale dei migranti fermerebbe l'edilizia, una quantità impressionante di fabbriche e la verdura marcirebbe nei campi. Un Paese in tilt.

Lo ammetteva Giorgio Napolitano a ottobre: "Senza di loro il sistema Italia si bloccherebbe". Ecco perché, al di là delle retoriche para-leghista, conviene capire meglio chi sono e cosa fanno i produttori del 6 per cento del nostro Pil.

Anna Humlyeva, 53 anni, è passata dall'insegnare Aristotele agli adolescenti di Leopoli a mettere il pannolone ai senescenti nostrani. "A Napoli sono stata in una famiglia dove lui aveva il Parkinson, lei un cancro ai linfonodi. Era durissima" racconta. Appartiene alla categoria più numerosa, quella degli occupati nei "servizi". Il 55,2 per cento, secondo un'elaborazione Censis su dati Istat. Poi viene l'industria manifatturiera (23,7), le costruzioni (17,2) e l'agricoltura (3,8). A donne come lei abbiamo affidato bambini e anziani, il futuro e il passato della nostra società. Dice: "Per arrivare a 900 euro, oltre a cucinare, lavarli, portarli in giro, pulivo anche le scale di tutto il palazzo". Le badanti sono un esercito: 745 mila registrate all'Inps l'anno scorso, con la stima di altre 600 mila in nero. "Le famiglie non autosufficienti sono un milione 500 mila" spiega Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, "e lo Stato provvede a circa l'1 per cento". Il resto è sulle spalle dei privati. Che dando in outsourcing a ucraine, rumene e filippine (pilastri involontari del welfare che non c'è) risparmiano circa sette miliardi di euro l'anno rispetto alla retta di una casa di riposo.

La galassia dei servizi non ruota però solo intorno alla persona. C'è la logistica. La cooperativa Gruppo Facchini Emiliano di Reggio Emilia carica e scarica materiali di ogni genere. Gestisce magazzini, svuota container. Roba da spaccarsi la schiena. Su 900 dipendenti 560 sono extracomunitari, indiani perlopiù. Anche i pacchi della Tnt di Padova li smistavano per la maggioranza stranieri. Sino a poche settimane fa, quando lo spedizioniere ha licenziato cento addetti (riassumendoli poi in extremis) con una mossa che sapeva di rappresaglia poiché avevano cominciato a reclamare più diritti. Per non dire delle pulizie industriali in Piemonte. A Torino nell'indotto Fiat è una babele di lingue, soprattutto nel weekend o nei turni notturni. Gente che versa i contributi, paga le pensioni agli italiani che le prendono adesso. Ma rischia, quando sarà il loro turno, di non vedere un euro. "Sono una componente strutturale del nostro mercato del lavoro" spiega Pietro Soldini, responsabile immigrazione della Cgil, "ma se lasciano il nostro Paese il diritto teorico alla pensione diventa inesigibile". Il danno oggi, la beffa domani.
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