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Stampa e immigrazione, i danni della lentezza, La Repubblica, 03/02/08

Stampa e immigrazione, i danni della lentezza

Era un'impresa difficile ma ci siamo riusciti: noi, i giornalisti, abbiamo battuto la giustizia penale in una gara di lentezza. E non possiamo accampare alcuna scusa perché, senza dubbio, eravamo assieme ai blocchi di partenza. La proposta di realizzare un codice etico su stampa e immigrazione, infatti, fu lanciata da Laura Boldrini, portavoce per l'Italia dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, subito dopo la strage di Erba, quando ci si accorse che il tunisino Azouz, immediatamente additato come colpevole, era in realtà innocente. Ed eccoci qua: il processo sulla strage di Erba è cominciato, il codice etico ancora non c'è.

"Un testo condiviso - ha annunciato qualche giorno fa Roberto Natale, il presidente del sindacato dei giornalisti - sarà pronto nel giro di qualche settimana". Ma fin dall'ottobre scorso era pronta una prima stesura, elaborata dopo otto mesi di lavoro da un apposito "comitato scientifico", e anche allora l'approvazione sembrava imminente. Poi, dall'interno dell'Ordine dei giornalisti, erano state sollevate delle perplessità. C'era stato chi aveva manifestato il timore che la "Carta di Roma" - così è stato chiamato il codice deontologico - potesse in qualche modo comprimere la libertà di stampa.

Si parla di regole quali l'evitare di basarsi sui pregiudizi, l'adottare la terminologia corretta, il non pubblicare informazioni che possano mettere a rischio la sicurezza dei rifugiati e dei loro familiari. Principi che, tra l'altro, sono da tempo già sanciti dalla Costituzione e da una serie di convenzioni internazionali. Il Codice etico non fa altro che metterli assieme e applicarli al rapporto stampa-immigrazione. E' uno strumento per evitare di commettere errori come quello in cui sono incorsi, una settimana fa, alcuni giornali siciliani.

I fatti. Lo scorso 23 gennaio un gruppo di eritrei blocca per due ore l'ingresso del Centro di prima accoglienza di Cassibile per sollecitare la decisione della "commissione territoriale" che esamina le domande di asilo politico. Cinque dei manifestanti vengono arrestati dai carabinieri e accusati di sequestro di persona per aver impedito agli operatori di uscire dal Cpa.

Il responsabile dell'Arci immigrazione, Filippo Miraglia, ha contestato il provvedimento, sottolineando che la protesta era non violenta ed era stata determinata da una comprensibile esasperazione (gli eritrei erano sbarcati alla fine dello scorso ottobre). Ma mettiamo da parte questo pur importante aspetto e seguiamo gli sviluppi della vicenda.

Una volta arrestati, i cinque eritrei sono entrati nel circuito ordinario della cronaca nera. La notizia è stata raccolta, come tante altre, dai cronisti del posto i quali, del tutto in buona fede, le hanno riservato un trattamento di routine. Hanno scritto i loro articoli, hanno riportati i nomi dei protagonisti. Tutto qua. Evidentemente non sapevano che scrivendo il nome e il cognome dei richiedenti asilo eritrei esponevano i familiari rimasti in patria al rischio di gravi ritorsioni, come ha segnalato Laura Boldrini alla direzione de La Sicilia di Catania.

Ecco a cosa serve il Codice etico: a evitare infortuni di questo genere. L'immigrazione è stata così massiccia e improvvisa che ha trovato l'Italia impreparata. Non è sorprendente, né scandaloso. Si tratta di prenderne atto con la consapevolezza che i processi di integrazione sono lunghi e, quando è possibile, darsi degli strumenti per affrontarli limitando il numero degli errori. Questo vale anche per i giornalisti. Non vi è alcun dubbio che i cronisti e i loro direttori, se fossero stati informati che quando si parla di richiedenti asilo è necessario adottare determinate precauzioni, si sarebbero regolati diversamente. Per esempio, avrebbero riportato la notizia senza i nomi degli arrestati. La completezza dell'informazione non ne avrebbe avuto alcun danno, né la libertà di stampa.
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