ROMA - Più personale e più risorse agli uffici immigrazione delle questure. Semplificazione delle procedure di “convocazione” del lavoratore extracomunitario e dell’acquisizione delle impronte digitali. Passaggio ai Comuni di parte delle competenze. Con una direttiva del 5 febbraio scorso, il ministero dell’Interno interviene in extremis sul caos nei permessi di soggiorno: quasi un milione di immigrati regolari in attesa dei loro documenti. Di fronte al boom di richieste (1.310.072 al 9 gennaio scorso), sono infatti poche le risposte (372.569 i permessi elettronici attivati). Tanto da arrivare al paradosso che chi chiede un permesso “per attesa occupazione” (dunque di soli sei mesi) lo riceve spesso già scaduto.
A non funzionare è la convenzione tra Poste e Viminale, entrata in vigore l’11 dicembre del 2006. Anche per questo, la nuova legge sull’immigrazione (la Amato-Ferrero) prevedeva il progressivo passaggio di competenze dalle Poste ai Comuni, oltre a una maggiore durata dei permessi di soggiorno. Peccato, però, che con la caduta del governo Prodi e la fine anticipata della legislatura, la riforma della Bossi-Fini finisca in soffitta. E così, il Viminale prova ora per via amministrativa ad abbreviare l’attesa di migliaia di immigrati. Come? Con una direttiva urgente, scritta dal sottosegretario Marcella Lucidi e indirizzata al capo della Polizia, Antonio Manganelli, e al prefetto Mario Morcone.
Cosa cambia? Innanzitutto aumentano le risorse. Si prevede infatti «l’assegnazione agli uffici immigrazione di 418 postazioni informatiche complete di “spaid” (per l’assunzione delle impronte digitali, ndr)», oltre all’assegnazione di più personale alle questure maggiormente in difficoltà. Non solo. Nei casi di primo rilascio del permesso di soggiorno e di ricongiungimento familiare, si prevede che sia direttamente lo Sportello unico (e non Poste, come avviene ora) a fissare la prima convocazione dell’immigrato in questura e che le impronte digitali siano prese una volta sola, all’inizio della procedura e non come avviene ora (sia dallo Sportello unico che dalle questure). In tal modo, secondo la direttiva, «il procedimento di rilascio dovrebbe durare 75 giorni, e non 203 come rilevato nell’agosto scorso».
Non è tutto. Negli altri casi di rilascio e rinnovo, la direttiva del ministro dell’Interno, Giuliano Amato, prevede che sia direttamente il Poligrafico (e non più la questura dopo un ulteriore appuntamento e ulteriore presa delle impronte digitali) ad attivare il permesso di soggiorno elettronico, «con una riduzione dei tempi, che potrebbero attestarsi in 60 giorni».
Infine si auspica, in «prospettiva», il trasferimento agli enti locali delle «procedure per il rinnovo dei permessi di soggiorno, lasciando agli Sportelli unici dell’immigrazione e agli uffici delle questure le procedure per il primo rilascio e per il ricongiungimento familiare». E a tal fine si decide di «avviare una sperimentazione per favorire una semplificazione delle procedure tra Comuni e questure».
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