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Audizione al Parlamento Europeo sulla vicenda dei pescatori tunisini, meltingpot.org, 27/09/07

Audizione al Parlamento Europeo sulla vicenda dei pescatori tunisini

di Fulvio Vassallo Paleologo - Università di Palermo

Il 26 settembre si sono svolte a Strasburgo una sessione plenaria del Parlamento Europeo sui temi dell’immigrazione e del controllo delle frontiere, e nel pomeriggio, una conferenza stampa ed una audizione degli avvocati e delle associazioni impegnati sul caso dei sette pescatori tunisini sotto processo ad Agrigento per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, dopo avere salvato 44 migranti alla deriva nel Canale di Sicilia.
All’audizione, indetta dopo che 105 parlamentari europeo avevano sottoscritto un appello in solidarietà con i pescatori tunisini, hanno partecipato i parlamentari europei Giusto Catania, Helene Flautre, Pasqualina Napoletano e Claudio Fava, gli avvocati Leonardo Marino e Giacomo La Russa, i rappresentanti della Federazione dei Tunisini per una cittadinanza delle due rive, il componente della rete euromediterranea per i diritti umani Omeya Sadik e Ramzi Oueslati , docente universitario originario del villaggio di Teboulba dal quale provengono i pescatori tunisini sotto processo ad Agrigento, il membro del Social Forum Tunisia Abdeljelil Bedoui, la rappresentante della Rete Antirazzista Siciliana (RAS) Germana Graceffo, la portavoce di Migreurop Sara Prestianni, il rappresentante della Tunisia presso il Parlamento Europeo. Dai diversi interventi è emersa l’importanza di una riflessione sul caso dei pescatori tunisini arrestati dopo il loro arrivo a Lampedusa, anche allo scopo di sollecitare l’opinione pubblica internazionale sulle ragioni profonde delle tante stragi di migranti che questa estate, nelle acque del Canale di Sicilia, hanno prodotto un consistente incremento del numero dei morti e dei dispersi rispetto all’anno precedente.

Dopo questa vicenda, ed altre simili che si sono verificate in precedenza, a partire nel 2004 dal caso della nave umanitaria tedesca Cap Anamur, i pescatori e i natanti civili sono stati minacciati di gravi sanzioni penali in caso di interventi di salvataggio a favore di migranti che si trovavano su mezzi sempre più piccoli e fatiscenti in alto mare.
Questa politica dissuasiva nei confronti dei migranti e di coloro che potrebbero salvarli è emersa anche nel corso dell’intervento del Commissario Europeo Frattini davanti al Parlamento Europeo, che ha riproposto le missioni Frontex con carattere permanente, annunciando un ulteriore incremento dei finanziamenti stanziati dalle istituzioni comunitarie per sostenere operazioni che prevedono esplicitamente il rinvio verso i porti di partenza, anche se questi porti si trovano in paesi come la Libia che non rispettano i diritti umani e non hanno sottoscritto la Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Le dichiarazioni rese nella mattinata davanti all’assemblea plenaria da Frattini sono apparse comunque lacunose e contraddittorie, soprattutto quando ha parlato di 400 persone che nell’ambito delle operazioni Frontex sarebbero state individuate ed arrestate come trafficanti.
Una vera provocazione, o una menzogna, quella del Commissario Frattini, perché è noto che negli ultimi tempi sulle imbarcazioni dei migranti non si trovano più scafisti, perché le organizzazioni si limitano a fornire solo le barche con alcuni strumenti ed un telefono satellitare, consegnando poi al mare il destino dei migranti.
Sono proprio le “operazioni di contrasto dell’immigrazione illegale”, sotto l’etichetta del carrozzone burocratico Frontex, o affidate ai corpi militari degli stati costieri, sulla base dei famigerati accordi di riammissione, che provocano un numero crescente di morti perché le rotte mutano in continuazione, come tra il Marocco e la Spagna sud-orientale, e sono sempre più lunghe, come è confermato dalla recente apertura della rotta tra l’Algeria e la Sardegna, mentre i profitti dei trafficanti aumentano ad ogni giro di vite dei politici che stabiliscono le politiche migratorie della Fortezza Europa.

Dopo la incarcerazione dei pescatori tunisini ad Agrigento, malgrado nel corso del processo stia già emergendo la loro innocenza, al punto che altri giudici hanno deciso di rimetterli in libertà, le popolazioni di Teboulba, in Tunisia, e delle due coste del Mediterraneo, da Biserta a Monastir, da Mazara del Vallo a Porto Palo di Capo Passero sono assai preoccupate per il loro futuro. Per le famiglie dei pescatori ai quali, dopo il salvataggio dei migranti, sono sequestrati i pescherecci vengono a mancare i mezzi principali di sostentamento economico, si aprono scenari di incertezza nello svolgimento delle attività dalle quali ricavano il loro principale sostentamento e la durata dei processi rischia di tradursi in una gravissima sanzione anche quando la sentenza finale sarà di assoluzione.
La stessa preoccupazione è condivisa anche dai pescatori siciliani perché la militarizzazione del Mediterraneo voluta da chi ha promosso le operazioni Frontex, con la presenza di unità militari di diversi paesi, anche Tunisia e Libia, in acque internazionali, rischia di alterare un delicato equilibrio che si era faticosamente raggiunto nello sfruttamento delle zone di pesca.

La vicenda dei pescatori tunisini arrestati l’otto agosto a Lampedusa dopo avere salvato 44 naufraghi si collega alla vicenda della nave umanitaria tedesca Cap Anamur che nel 2004 aveva salvato 37 naufraghi nelle acque del canale di Sicilia, vicenda che si era conclusa con l’arresto del responsabile della Associazione Cap Anamur, del comandante della nave e del secondo di bordo.
Tutti e due i casi sono adesso all’esame del Tribunale di Agrigento, presieduto dallo stesso magistrato, in tutti e due i casi migranti che potevano testimoniare in giudizio sono stati espulsi, in tutti e due i casi si trattava e si tratta di dare un esempio, di dimostrare che l’Italia non è il “ventre molle d’Europa” nel contrasto dell’immigrazione clandestina, in tutti e due i casi la ricostruzione dei fatti fornita dalle autorità di polizia appare gravemente contraddittoria.

La linea politica di respingimenti collettivi e di esternalizzazione dei controlli di frontiera, emersa in Inghilterra durante il vertice di Sheffield tra i ministri dell’interno Pisanu, Schily e Blunkett, nel luglio del 2004, è ancora oggi la stessa politica, stupida ed inefficace, che promuove le operazioni Frontex e che è direttamente responsabile della crescita esponenziale di vittime dell’immigrazione irregolare e dei profitti dei trafficanti.
I promotori dell’audizione, e tutti coloro che vi hanno preso parte, hanno sollecitato le istituzioni comunitarie di sviluppare una maggiore attenzione verso tutti i migranti, siano essi richiedenti asilo o migranti economici, perché ormai i flussi migratori sono flussi misti e non si può pensare di arginare questi movimenti di persone, costrette a lasciare i loro paesi, alzando muri sull’acqua, cancellando il diritto di asilo, incriminando chi effettua interventi di salvataggio e violando regole consolidate di diritto internazionale e dello stato di diritto.
Occorre depenalizzare le attività di salvataggio in mare in favore di migranti in procinto di annegare. Si tratta di praticare finalmente una politica comunitaria che sia capace di anteporre il riconoscimento effettivo del diritto di asilo e l’apertura di canali legali di ingresso per lavoro alle tecniche di contrasto dell’immigrazione irregolare basate sui respingimenti collettivi, sui blocchi navali e sulla esternalizzazione dei controlli di frontiera e dei centri di detenzione.

I rappresentanti della Federazione dei Tunisini per una cittadinanza delle due rive e del Social Forum Tunisia, Omeya Sadik e Abdeljelil Bedoui, i rappresentanti della Rete Antirazzista Siciliana (RAS), Germana Graceffo ed Enrico Montalbano (RAS – Rete antirazzista siciliana), Fulvio Vassallo Paleologo (ASGI- Associazione studi giuridici sull’immigrazione) – Palermo , Judith Gleitze (Borderline Europe), Berlino, Bernd Mesovic (Pro Asyl) Francoforte sul Meno, Gabriele Del Grande(Fortresseurope) Roma

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