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Immigrazione, schiaffo del Senato a Bush, Il Manifesto, 29/06/07

Immigrazione, schiaffo del Senato a Bush
La riforma del presidente non sarò votata nella legilastura. Stretta intorno a Cheney per le intercettazioni
Matteo Bosco Bortolaso
New York

Se ne riparlerà dopo il 2008. Ieri il senato americano ha messo un macigno sulla riforma delle leggi sull'immigrazione voluta dal presidente George W. Bush. Per tenere in vita il dibattito servivano 60 voti su 100, ma i sostenitori si sono fermati a quota 46. Ora bisognerà aspettare l'elezione del prossimo inquilino della Casa Bianca. Bush ha espresso amarezza nel prendere atto che una delle priorità della sua agenda - il più grande cambiamento nella politica sull'immigrazione degli ultimi 20 anni - è definitivamente affondata. La nuova legge avrebbe preparato la strada verso la legalizzazione di 12 milioni di persone immigrate illegalmente negli Stati uniti attraverso un sistema a punti che dava più peso ad abilità professionali e istruzione rispetto ai legami familiari. Se diversi conservatori hanno criticato il disegno di legge definendolo una sorta di amnistia, il senatore democratico Ted Kennedy ha votato per l'approvazione e durante l'appassionato dibattito parlamentare ha urlato: «Quale sarebbe l'alternativa? Quale sarebbe?». Lo stop alla riforma sull'immigrazione è stato criticato anche da sindacati e gruppi di rappresentanza ispanici, che avevano chiesto di approvare il disegno e passarlo alla camera, dove poteva essere corretto. Un sindacalista, Eliseo Media, ha dichiarato che «il prezzo del fallimento saranno centinaia di altre persone che moriranno nel deserto, maggiori controlli nei posti di lavoro e tante famiglie divise». Se quello di Bush è stato un giovedì da dimenticare, le cose non vanno meglio per il suo numero due, il vice presidente Dick Cheney, al quale il Washington Post ha dedicato una lunga inchiesta, pubblicata da domenica a mercoledì, che ha svelato molti segreti dei suoi anni passati «dietro le quinte». Una commissione del senato, inoltre, ha ordinato alla Casa bianca e all'ufficio del vice presidente di consegnare una serie di documenti relativi alle intercettazioni senza mandato su cittadini americani, decise dal presidente Bush dopo l'11 settembre. La Commissione giustizia, presieduta dal senatore democratico Patrick Lehay, ha richiesto dossier anche al ministero della giustizia e al consiglio per la sicurezza nazionale. Fonti del Congresso che hanno chiesto l'anonimato hanno detto che i senatori vogliono chiarimenti sulle dispute interne all'amministrazione sulla legalità del programma.
La richiesta nasce come costola dell'inchiesta parlamentare sul ministro della giustizia Alberto Gonzales, accusato di aver ordinato l'anno scorso il licenziamento di nove procuratori federali per motivi apparentemente politici. L'indagine, in corso da sei mesi, si è allargata per coinvolgere Gonzales come ministro della giustizia e il suo passato da avvocato della Casa bianca.
Anche se le richieste parlamentari toccano pure il settore privato, chiedendo documenti alle compagnie telefoniche per controllare se hanno aiutato il programma di sorveglianza, la mossa del senato contro Cheney fa parte della strategia di democratici e repubblicani per portare alla sbarra la guerra al terrorismo dell'amministrazione Bush.
L'amministrazione sostiene che la sorveglianza di telefoni e email è fondamentale e che la guerra al terrorismo è necessaria, legale ed efficace: gli uomini del presidente sottolineano spesso che dall'11 settembre, anche grazie alle intercettazioni, non ci sono più stati attacchi sul territorio americano.
«Siamo a conoscenza delle attività della commissione e risponderemo in maniera appropriata - ha fatto sapere il portavoce della Casa bianca Tony Fratto - ma è un peccato che i democratici al congresso abbiamo deciso di confrontarsi con noi in questo modo». In realtà, nella commissione del senato hanno votato a favore dell'indagine anche tre esponenti repubblicani di spicco: Arlen Specter, Orrin Hatch e Chuck Grassley. Le quattro parti chiamate in causa da Lehay - Casa bianca, ufficio di Dick Cheney, ministero di giustizia e consiglio nazionale per la sicurezza - dovranno rispondere alle richieste e fornire i documenti entro il 18 luglio. Se questo non accadrà, la battaglia legale si farà ancora più aspra.
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