Gente che scompare. Tanta. Di continuo. Di questi ultimi, e questo rende tutto ancora più crudele, si aveva avuto notizia, coordinate certe, informazioni dettagliate. 57 eritrei partiti dalla Libia, diverse donne, almeno sei i bambini. Una foto scattata il 21 maggio da un aereo maltese che li sta sorvolando li mostra mentre cercano di buttare fuori bordo l’acqua imbarcata.
Ma hanno visto l’aereo e, come sapremo da testimonianze successive, stanno telefonando ai loro parenti sparsi per l’Europa dicendo : “arriviamo, siamo salvi, verranno a prenderci”.
Se ne sono completamente perse le tracce.
Com’è possibile scattare una foto da una distanza tale da permettere quasi di vedere i lineamenti del viso di tutte quelle persone, dar loro la speranza di essere salvati tanto da vederli sventolare le magliette in segno di esultanza, e poi perdere così quella barca piccola, piccolissima, ma stracolma di donne, uomini, bambini anche appena nati?
Qualche giorno fa abbiamo ricostruito, attraverso una testimonianza diretta, cosa succede ai migranti subsahariani costretti a partire dalla Libia. Possiamo immaginare che anche queste persone avessero subito le atrocità di cui ormai nessuno di quelli che firmano accordi bilaterali col governo libico può più dire di non essere a conoscenza. Detenzioni lunghissime e generalizzate, violenze e soprusi da parte delle forze dell’ordine e di una popolazione esasperata da messaggi xenofobi, prima ancora il deserto, la paura, la fame e la sete, e prima di questo la guerra civile nel loro paese, o la miseria, o semplicemente la rabbia e i sogni che portano le persone a scegliere, a tutti i costi, di avere una possibilità di riscatto. E dopo tutto questo si scompare così, ad un passo dall’Europa.
Un anno fa la portavoce italiana dell’Acnur, riferendosi proprio a dei naufragi avvenuti intorno all’isola di Malta e poi a Lampedusa, parlava di “roulette russa” per indicare la casualità, la fortuità della sopravvivenza a questi viaggi. I motivi di tanto pericolo? Le imbarcazioni sempre meno adatte a svolgere traversate di questo tipo. I criminali che se ne approfittano, i capitani dei pescherecci europei che hanno paura di operare il soccorso e di incorrere così in sanzioni pesanti fino all’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina…
E allora la soluzione ce la consegnano le Istituzioni dell’Unione europea: bisogna aumentare i finanziamenti di Agenzie di controllo delle frontiere come Frontex, bisogna dotare paesi come Malta e isole come Lampedusa di mezzi adeguati per affrontare l’emergenza.
Ma per quanti anni è lecito definire un fenomeno, sempre lo stesso, come “emergenziale” prima di cadere nel ridicolo? Non bisognerebbe piuttosto chiedersi: perché Malta? perché Lampedusa? Perché queste cose accadono?
Perché le leggi europee permettono di praticare solo questo tipo di ingressi sul territorio degli Stati membri. Perché i particolari rapporti tra paesi Ue e paesi del Maghreb favoriscono le partenze dalla Libia e non da altri luoghi. Perché le barche devono essere sempre più piccole per sfuggire ai controlli e non solo per scelta di chi approfitta dei migranti, ma anche perché i migranti stessi scelgono di rischiare la loro vita consapevolemente, sfidando questo sistema di cose, pur di migliorarla. E allora il carburante finisce troppo presto, le barche non ce la fanno, le persone muoiono, i bambini non diventeranno mai adulti. Ed esistono precise responsabilità su tutto questo.
Un’ultima domanda vale forse la pena di porre a questo punto: e se fossero arrivati fino a Malta? Se queste 57 persone disperse fossero invece state intercettate dalla marina militare maltese o da un peschereccio e tradotte in salvo? Le stesse persone per cui, anche se per un breve momento, l’opinione pubblica si sta forse commuovendo in questi giorni, sarebbero state immediatamente internate in un centro di detenzione per migranti dei quattro presenti sul territorio maltese. Richiedenti asilo compresi. Bambini compresi, per un periodo lungo anche 18 mesi. E poi, anche qualora, nel migliore dei casi, avessero ricevuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari, sarebbero rimasti imprigionati nell’isola a causa della cosiddetta Convenzione di Dublino II, e forse avrebbero ancora rischiato la loro vita per scappare da Malta.
Alessandra Sciurba
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