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Gli europei minori, Il Manifesto, 05/05/07

Gli europei minori
Vengono da Romania e Bulgaria. Sono soli. Ma, ora, sono «comunitari» e senza più alcuna rete. Un convegno lancia l'allarme. I ministri cercano di correre ai ripari
Roberta Carlini
Roma

Almeno 2.300 sono rumeni. Qualche altro centinaio sono bulgari. Tutti sotto i diciotto anni, arrivati in Italia di propria iniziativa - in cerca di un modo per sbarcare il lunario, o per aiutare i propri genitori rimasti in Romania e Bulgaria -, o nelle mani di qualche organizzazione criminale che li sfrutta. Dal primo gennaio 2007, dopo l'ingresso dei loro paesi nell'Unione europea, sono in un limbo. Non sono più «minori stranieri non accompagnati», per la legge italiana. Sono europei, come un ragazzo o una ragazza belgi o spagnoli. Ma non lo sono, di fatto. Cosicché, in molti casi, con la «promozione» in Europa perdono tutele e possibilità di essere aiutati in Italia. Lo ha denunciato ieri Luigi Fadiga, già presidente del Tribunale dei minori di Roma, nel corso del convegno «Minori stranieri: nuovi cittadini?» che si è svolto a Roma nella sede del tribunale minorile.
Il caso dei minori stranieri non accompagnati - cioè quelli che sono in Italia senza famiglia o relazioni, «minori isolati», secondo la definizione francese - è solo uno dei tanti capitoli della sfida delle nuove cittadinanze affrontate nella giornata di ieri. Ma il più spinoso e urgente. In tutto, sono 8-10.000: l'età media si è abbassata, in relazione alle costrizioni della Bossi-Fini, che ha fissato a tre anni la permanenza minima da minorenni per poter chiedere poi il permesso di soggiorno al raggiungimento della maggiore età. Requisito che con la riforma della legge sull'immigrazione dovrebbe sparire, ha ricordato il ministro per la Solidarietà sociale Paolo Ferrero.
La nazionalità di gran lunga prevalente è proprio quella dei rumeni, seguiti dagli albanesi (23%) e marocchini (19%). Difficile dunque immaginare che nessuno, ai vertici dei ministeri sociali e di polizia, si fosse accorto del fatto che, con l'ingresso della Romania nell'Unione europea, si sarebbe creato un problema: la presenza di minori rumeni e bulgari non va più segnalata al Comitato per i minori stranieri, che non ha alcuna competenza nei loro confronti; ma sarebbe ipocrita considerarla del tutto uguale a quella di un ragazzo francese che viene a Roma a sentire un concerto: se quest'ultimo si perde, o ha un problema qualsiasi, si chiama il consolato e per lo Stato italiano è finita lì. Per gli altri, non può essere così. L'altroieri c'è stato il primo incontro di rappresentanti del governo italiano con le autorità consolari rumene, per iniziare a scrivere un testo di accordo sul da farsi. «Un accordo del genere la Francia l'ha fatto il 4 ottobre 2002», ha detto ieri Fadiga, «possibile che qui nessuno si aspettasse quello che stava per succedere?». Fadiga ha tracciato anche l'identikit delle ragazze e dei ragazzi che arrivano da Romania e Bulgaria: ci sono i bambini sfruttati, gli adolescenti in cerca di fortuna, quelli che arrivano col consenso delle proprie famiglie alle quali manderanno i soldi (se trovano lavoro) e le ragazze e i ragazzi che entrano nel giro della prostituzione.
Per tutti costoro, che si fa? Prima dell'ingresso della Romania in Europa, avevano la possibilità di chiedere l'asilo. Adesso questo è escluso, essendo cittadini europei. Difficilmente utilizzabili anche adozione e affido (a famiglie o a comunità), non essendoci di solito un vero e proprio stato di abbandono o negligenza da parte dei genitori. Quanto all'eventuale rimpatrio: chi decide se rimandarli a casa e perché? Qual è l'interesse del minore, restare in Italia o tornare dalla propria famiglia (se ce l'ha) a Bucarest? Insomma, gli strumenti giuridici a tutela dei diritti dei minori stranieri e «cittadini» sono utilizzabili, ha spiegato Fadiga, solo a prezzo di qualche forzatura. Se un ragazzo rumeno si trova per strada senza mezzi e sfruttato, si può intervenire d'urgenza e dando soluzione «provvisorie», in attesa che le autorità del suo paese prendano quelle «definitive». E nell'assenza di previsione specifiche, accade anche che i minori neo-comunitari siano trattati in modo diverso a seconda della Questura in cui capitano al primo incidente. Almeno a questo si potrebbe ovviare, ha detto Fadiga, dando indicazioni univoche alla polizia. Nell'attesa che arrivi l'accordo tra gli Stati - ancora ai primi passi, come s'è visto - e si sciolgano i nodi giuridici e sostanziali sul destino di questi ragazzi. Che è invece ora affidato ai loro sfruttatori e al caso: hanno un trattamento diverso in Italia da città a città, e in Europa da Stato a Stato. Un esempio, raccontato dal giudice tutelare di Roma Domenico Gallo: quando c'è un minore senza genitori, si nomina un tutore. Per gli stranieri non accompagnati, il tutore è di solito il sindaco del Comune in cui si trovano. Bene, il 2 gennaio 2007 il giudice tutelare di Roma ha ricevuto un parere dell'Avvocatura di Stato (giratogli dal Comune) nel quale si dice che d'ora in poi il tutore dei ragazzi rumeni dovrà essere il loro console. Piccolo dettaglio: la nomina d'ufficio del console come tutore è impossibile, dato che questo ha l'immunità diplomatica. Nell'attesa che il puzzle si ricomponga, i piccoli rumeni crescono.
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