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«Vuoi andare in Italia? Devi pagare», Il Manifesto, 10/04/07

«Vuoi andare in Italia? Devi pagare»
Il business dei visti per chi vuole emigrare attorno all'ambasciata italiana a Quito, Ecuador
Il «contatto» del manifesto con un «intermediario» attraverso un'immigrata ecuadoriana a Genova. «Mi serve il nulla osta per portare un bambino in Italia». «Ci vogliono 200 dollari per l'appuntamento con l'ambasciata». Ma si arriva fino a 3 mila. Niente contanti, puntualità garantita
Alessandra Fava
Genova

Prendere contatto con uno degli intermediari a Quito che lavorano per chi vuole venire in Italia non è difficile. Nella comunità ecuadoriana in Italia circolano numeri di telefono di persone fidatissime. Contatti preziosi che si centellinano come fossero tesori. Contatti che nessuno è disposto a bruciare. «Se li denuncio che cosa faccio la prossima volta che mi serve una mano?», si chiede Maria.
Maria è nella stessa situazione di decine di donne ecuadoriane. Una quarantina d'anni, casalinga, il marito che se n'è andato con un'altra e l'ha lasciata con due bambini. Alla fine l'emigrazione e il lavoro di badante è stata l'unica ancora di salvezza, col sogno, domani, di portarsi tutti in Italia. Alla faccia del marito. Un figlio vive già con lei a Genova, l'altro sta in Ecuador con un parente.
Gli intermediari che Maria conosce sono due distinti avvocati, marito e moglie, vivono in un quartiere residenziale di Quito. Non hanno nessuno studio legale, ma sono raggiungibili attraverso un paio di cellulari e un telefono di casa. Sono un contatto sicuro. Anche in passato con loro è andata bene. Non sono millantatori. «Alla fine gli appuntamenti all'ambasciata arrivano puntuali, si ottengono le carte velocemente e se ti dicono di presentarti a una certa ora, stai tranquillo che non fai la coda ma sei ricevuto con puntualità svizzera», spiega Maria. L'unica questione è pagare. Ad esempio, se vuoi far venire tuo marito servono 3 mila dollari. Altre prestazioni, come l'espatrio di minori, costano qualche centinaio di dollari. E poi c'è una regola: niente contanti. I due avvocati non ne accettano. Chiedono sempre di fare dei versamenti su un certo conto corrente.
Grazie a questi due intermediari, si possono anche organizzare i viaggi aerei e persino trovare una hostess che accompagni i minorenni all'estero per farli viaggiare senza dover chiedere visti per altri parenti. Pensano loro a tutto. Maria come tanti immigrati sa perfettamente che sul sito dell'ambasciata italiana a Quito si può prenotare l'appuntamento per il visto online, ma spiega che non si fida e che non funziona sempre. E ti fa l'esempio di una sua amica, in regola e con un lavoro in Italia, che tornata a casa ci ha messo sette mesi per rientrare a Roma compilando il modulo su internet diverse volte.
Con Maria ci s'incontra a Caricamento, Genova, e si va in uno dei tanti phone center del centro storico, dove con pochi euro si oltrepassano terre e mari e si chiama a casa. Basta solo tenere conto di sette ore di fuso orario. Ora in Ecuador è mattina, possiamo chiamare. Lo conferma anche un pachistano, il gestore delle cabine. Ecco cosa accade.
Maria: «Pronto?»
Risponde una voce femminile: «Chi parla? Chi le ha dato questo numero?»
Maria: «Buongiorno signorina, sono Maria X. Vorrei parlare con l'avvocato G.V.»
Voce: «Chi le ha dato questo numero?»
Maria: «L'ho avuto da un amico (fa il nome, ndr) che l'anno scorso è venuto in Italia grazie agli avvocati G.V. e S.V. Finalmente mi sono sistemata anche io e ho il nulla osta per portare un bambino dall'Ecuador. Ma non so che cosa devo fare per avere l'appuntamento e avere la visa (il visto, ndr). Magari le cose sono cambiate. Che cosa devo fare?»
La donna fa altre domande, dimostra una certa diffidenza ad accettare un contatto così su due piedi.
Maria insiste: «C'è mio fratello che mi può aiutare, può fare da intermediario con voi. Mi aiuti per favore, che cosa devo fare visto che ho il nulla osta? Di cosa ho bisogno?»
Si scopre che la donna è l'avvocatessa: «Prima di tutto serve un appuntamento all'ambasciata. Con noi fanno 200».
Maria: «200 dollari?»
Avv.: «Sì, ce la potremmo fare in una settimana. Non appena ricevo il nulla osta e il pagamento attraverso quel suo parente, posso iniziare le pratiche. Lei ha il documento di nascita, vero?»
Maria: «Sì, ho il documento di nascita».
Avv.: «Servono i documenti della bambina e su quelli si mette il timbro della cancelleria, faccio tutto io. Ma lei come me lo manda il nulla osta?»
Maria: «Le faccio avere tutto la prossima settimana con un'amica che viene in Ecuador».
Avv: «Se la sua amica viene la prossima settimana, io posso avviare la pratica appena ricevo i documenti. Lei intanto ci fa avere il primo acconto».
Maria: «Ma come funziona la pratica?»
L'avvocato ripete le procedure e aggiunge: «Amica mia, mi dia il numero di qualcuno che possa seguire le sue pratiche qui in Ecuador e venire con me».
Maria: «Va bene».
Avv.: «Poi ci vuole il permesso del padre che sta in Ecuador».
Maria: «Per quello non ci sono problemi. Ma quanto mi costa?»
Avv: «La cosa migliore sarebbe che il padre si mettesse in contatto con me. Gli dia il mio numero di telefono e gli dica di chiamare. Comunque bisogna portare tutto tradotto, non si può mica presentare documenti in castigliano, non serve a nulla. Il permesso del padre va tradotto. Ce l'ha il permesso tradotto?»
Maria: «No, quanto mi costa?»
Avv: «250 dollari. Facciamo anche la traduzione della patria potestà. Ci servono però la sua carta identità e il suo permesso di soggiorno».
Maria: «Sta bene».
Avv: «La cosa migliore è che lei abbia qualche parente in Ecuador che viene qui da me, così gli spiego tutto».
Maria: «Va bene. Le faccio sapere. La ringrazio molto, señora avocada».
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