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La legalità sulla pelle degli immigrati, Il Manifesto, 26/07/07

sardegna
La legalità sulla pelle degli immigrati
Sandro Roggio

Una città sarda sul mare, passeggiata sotto il primo sole estivo. Una ragazza cinese ha appena finito di accomodare per terra, su un telo colorato, i soliti oggetti. Un vigile intima lo sgombero e non si allontana fino a quando l'ultimo accendino non è riposto nella scatola di cartone. Tutto avviene in silenzio, secondo un rituale collaudato che non prevede spiegazioni: basta un cenno è la legalità è ristabilita. La scena, molto penosa, si ripete spesso, dicono. Nulla sfugge o dovrebbe sfuggire, a nessun abusivo è consentito di entrare in concorrenza con il mercato legale, neppure in epoca di liberismo estremo. La concorrenza: quei centoventi centimetri quadrati, su suolo pubblico, di merce che tutti noi compriamo per beneficenza, è difficile immaginare che possano impensierire davvero quelli che «noi paghiamo le tasse, eccetera».
Il rischio, solito, è di apparire alfieri dei fuorilegge. Ma occorre dirla qualcosa sulla asimmetria di questa inflessibile linea, reclamata da qualcuno in questa città e in quest'isola baciata dalla fortuna di flussi turistici inattesi - che aeroplani a basso costo scaricano a terra di continuo. Ma povera e memore dell'emigrazione. Per cui ti aspetteresti maggiore comprensione verso questi cascami della globalizzazione a mille facce. A volte conveniente a volte meno. A volte servirebbe un po' di tolleranza o solo di buon senso. E pure un po' di solidarietà. In paesi dell'interno della Sardegna, piccoli e sfigati, dove di emigrati ne sanno di più, si vedono i venditori abusivi che girano porta a porta e gli offrono pure da bere. Non scrivo il nome della città - facile da indovinare - perché la gran parte dei suoi abitanti è ospitale, altruista, ecc. Anche se vota a destra. Ma ecco due considerazioni per spiegare la perplessità su questa sbilenca superefficienza, proprio perché sappiamo qualcosa della tolleranza ampia - ed ecco la asimmetria - verso metriquadri occupati e metricubi realizzati, anche su suolo pubblico, che c'è sempre stata in queste riviere preziose, dove la sera l'estate profuma di mirto rosso e bianco. Molte attività si svolgono su aree demaniali - legittimamente, ci mancherebbe - ma forse con generosità eccessiva di timbri e firme, visto che di spiagge libere non ce ne sono più e che i tavolini di bar e ristoranti occupano con una densità intollerabile strade molto strette e splendide piazzette vista mare impedita dagli ombrelloni. Ci sono poi - al riparo dello slogan «tutti devono lavorare» - trasgressioni continue, specie nelle ore notturne, di cui si da conto spesso sulle pagine dei giornali, perché la violazione alle regole di convivenza civile supera di molto la pazienza degli abitanti. Musica oltre i limiti e violazioni agli orari di chiusura degli esercizi stabiliti nelle ordinanze sindacali. E c'è di più, se si guarda bene. Se si pensa che il giardino di una vecchia scuola nel centro di questa città è stato generosamente messo all'asta, molti mq di area pubblica per farci appartamenti e negozi importanti in cambio di qualche parcheggio. Ecco perché che quel metro quadro di strada occupato - reversibilmente - da un cinese o senegalese appare nella sua vera inoffensiva dimensione.
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