I Casi

L’eco del reinserimento

di Fiorentina Barbieri

« … Ho già superato i 2/3 della pena e potrei usufruire dei vari benefici … ma dopo 2 anni qui non mi è stata chiusa la sintesi (la relazione degli operatori del carcere sugli esiti del trattamento sul detenuto, da redigere, secondo l’Ordinamento Penitenziario, entro termini che vanno da uno a nove mesi, n.d.r.) …mi hanno detto che non me la chiuderanno …. è inutile che presenti istanze al Tribunale perché mi verrebbero automaticamente rigettate … qui la parola reinserimento forma l’eco, anche se viene detta sottovoce ….
… Direte che siamo fortunati, qui siamo in cella da una sola persona, ma è tutto qui, perché per problemi strutturali non è possibile mettere ulteriori letti, se no lo avrebbero già fatto, … ma qui non ci sono associazioni di volontariato, non vi sono corsi…lavorazioni se non quelle standard, che dovrebbero essere a rotazione, ma che in effetti vi lavorano quasi sempre le stesse persone, qui si vegeta 22 ore su 24 chiusi in cella …»

Mentre a Pavia un detenuto è stato lasciato morire dopo 45 giorni di sciopero della fame, ci arriva questa lettera da un carcere del Centro Italia: ci conferma che ci sono molti aspetti che vanno considerati, quando si esaminano le conseguenze del sovraffollamento.
Ad oggi sono 64.179 i detenuti in Italia - il numero supera anche il livello di tollerabilità - ed è ormai evidente che i provvedimenti previsti, il “piano carceri” annunciato dal ministro della Giustizia, anche per carenza di fondi non contempla vie di soluzione né a breve né a medio termine.
Il limite resta la mancanza di un approccio di sistema che proietti una persona oltre il momento della detenzione e gli offra nuove opportunità che lo inducano ad una trasformazione del suo stile di vita. ‘E la missione affidata all’istituzione carceraria dalla Costituzione italiana, nell’interesse primario di abbassare i tassi di criminalità.
In realtà sembra che la politica si rifiuti di definire le sue leggi tenendo conto anche della  previsione dei flussi di detenzione, quindi del numero dei detenuti, di dove possano essere collocati, ma anche di come in carcere possano stare, di una seria programmazione di spesa per il trattamento, di progetti mirati per il reinserimento, condizione essenziale per contenere le recidive.
Accade invece che fino ad oggi i fondi della “Cassa delle ammende”, cui affluiscono le somme versate a vario titolo dai detenuti e tradizionalmente destinata a progetti per il reinserimento, siano restati per buona parte inutilizzati. Non sarà più così, ma perché una riforma del 2008 prevede che il budget possa essere impiegato per la costruzione di nuove carceri: di fatto sarà chi è detenuto a contribuire ai costi.