I Casi

Aiutiamo Eduard a curarsi

di Claudia Pacileo

 

La vicenda carceraria di Eduard racconta la storia di quei detenuti, soprattutto stranieri, in condizioni di salute gravi, riconosciute tali anche dalla Magistratura, ma costretti a rimanere in carcere per l’assenza di strutture esterne disponibili ad accoglierli.

Eduard è un giovane ragazzo romeno, arrestato in Italia nel settembre del 2011 dopo essere stato dichiarato colpevole di una serie di reati e, per questo, condannato a scontare una pena detentiva di dieci anni.

In carcere, Eduard arriva in condizioni di salute gravi, costretto a muoversi sulla sedia a rotelle e bisognoso di continue cure in quanto affetto da, come stabilito dall'Inps, „paraplegia spastica da lesione midollare traversa agli atti inferiori con livello anestetico da D5, perdita del controllo sfinterico, mancanza del controllo del tronco“.

La permanenza in carcere provoca l’insorgere di ulteriori disturbi, tra cui una piaga da decubito sacrale di 3 cm.

Per questi motivi, il 10 dicembre del 2013, il Tribunale di Sorveglianza di Milano reputa il regime di carcerazione incompatibile con la sua situazione clinica e, pertanto, dispone il differimento dell’esecuzione della pena.

Soltanto dopo 7 mesi dalla pronuncia, il 28 aprile del 2014, Eduard ha avuto la disponibilità di una struttura dove andare.

Ed ecco che Eduard si trova a vivere in condizioni che si riveleranno peggiori di quelle del carcere.

La struttura che lo ospita è infatti una struttura „psichiatrica“, che dunque non ha nulla a che vedere con la sua problematica.

Come è evidente, la convivenza risulta impossibile: durante la notte, Eduard non riesce a dormire a causa delle continue urla provenienti da ogni dove e condivide la stanza con un paziente dai comportamenti „estremi“ come mangiarsi le feci.

Alle continue richieste di parlare con qualcuno dell' amministrazione per denunciare la situazione e chiedere un trasferimento non viene data risposta e, un giorno, Eduard "perde le staffe" e tiene un comportamento, definito dalla magistratura „non consono“, rovesciando a terra un thermos di caffè.

In una situazione così disperata anche il ritorno in carcere sembra preferibile e così Eduard minaccia il suicidio se non lo fanno tornare in cella.

Il 31 marzo 2015, il Tribunale di Sorveglianza di Milano accoglie la sua richiesta e revoca il regime di detenzione domiciliare, ordinando di conseguenza il trasferimento presso la Casa di reclusione „Opera“ di Milano.

Attualmente, Eduard si trova in una cella così piccola da non potersi muovere con la carrozzina o andare in bagno e le cure sono sempre inadeguate, sfornito anche di un piantone che lo assista.

Così, Eduard si trova a ripercorrere un’altra volta la stessa strada: a maggio del 2015, denuncia al Magistrato di sorveglianza i „gravi problemi di salute“, la mancata tutela delle „primarie esigenze di igiene personale e di movimento all’interno della cella.“

In data 3 giugno, il Magistrato di sorveglianza, in accoglimento della istanza, „dispone il proseguimento della detenzione in un regime di garanzia dei diritti fondamentali e delle cure mediche necessarie.“

Dopo questo provvedimento, tuttavia, nulla è cambiato nella vita di Eduard e le sue condizioni di salute sono peggiorate.

 

Il Difensore civico dell' Associazione Antigone denuncia fermamente questa vicenda e chiede che le Autorità competenti intervengano per l’individuazione di una struttura a lunga degenza idonea a fornire a Eduard l'assistenza necessaria.